Altre prove a sostegno del trapianto fecale

Non solo fegato e cuore. Si possono eseguire trapianti anche con materia molto meno nobile, ma altrettanto importante per la salute. Le feci, nella fattispecie. C’è poco da fare gli schizzinosi: il trapianto fecale, o, più eufemisticamente, la batterioterapia fecale, è una pratica medica introdotta oltre 10 anni fa per trattare diversi disturbi intestinali, tra cui la colite ulcerosa, e ripristinare la flora batterica che popola l’intestino, il cosiddetto microbiota. Una pratica che, come ha appena confermato un’équipe di scienziati della University of Minnesota, coordinata da Michael Sadowsky, sembra funzionare. I ricercatori raccontano sulle pagine della rivista Microbiology, infatti, che il trapianto fecale riesce a curare con successo le infezioni da Clostridium difficile, un batterio che risiede normalmente nell’intestino e che, in talune condizioni, può provocare crampi addominalidiarrea e colite.

Il trapianto fecale era già stato testato come trattamento per le infezioni da C. difficile, e si era rilevato particolarmente utile per pazienti con infezioni ripetute. Funziona così: si raccoglie materia fecale da un donatore, la si purifica e mescola con una soluzione salina e la si impianta nel ricevente, di solito tramite colonscop ia(ma talvolta anche per mezzo di sondino naso-gastrico). Finora, però, non si sapeva molto della stabilità dei risultati, cioè di quanto a lungo sopravvivesse il microbiota impiantato. Nel loro esperimento, Sadowsky e colleghi hanno raccolto campioni di feci da quattro pazienti prima e dopo il trattamento: a tre di essi era stata impiantata materia fecale prodotta di recente, l’altro ha ricevuto delle feci congelate. Si trattava, per tutti i casi, di trapianto da donatore esterno.

Comparando i campioni pre e post-operazione con quelli di un gruppo di controllo di 10 pazienti affetti da infezione da C. difficile, gli scienziati hanno mostrato che il microbiota impiantato si manteneva stabile e sano per oltre 21 settimane: “Il nostro studio mostra”, spiega Sadowsky, “che ci sono cambiamenti a breve e a lungo termine nel microbiota dopo il trapianto. Entrambi ricadono però nel cosiddetto ‘microbiota fecale normale’”, cioè quello delle persone sane. Che vi piaccia o no, un giorno potreste averne bisogno.

Via: Wired.it

Credits immagine: Wellcome Images/Flickr CC

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here