Un modello italiano per prevedere l’evoluzione dei terremoti

terremoto
(Credit: Marco Anzidei)
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(Credit: Marco Anzidei)

Diciamolo subito: prevedere in modo puntuale dove e quando un terremoto colpirà per ora rimane, a discapito di quanti possano affermare il contrario, impossibile. Ma dallo studio di come le probabilità di eventi sismici si evolvono nel tempo si possono ricavare una moltitudine di informazioni, utili a creare dei piani di mitigazione del rischio completi e affidabili. In quest’ottica, un gruppo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Roma ha ottenuto un risultato importante grazie al suo sistema operativo di previsione terremoto (OEF Italia). Il sistema, ideato per fornire alla protezione civile un flusso aggiornato e affidabile di previsioni durante una serie di eventi sismici, ha dato degli ottimi risultati quando applicato alla sequenza sismica che ha colpito i territori di Amatrice e Norcia dall’estate 2016 agli inizi di quest’anno.

Pur essendo ancora nella sua fase pilota, l’OEF si è dimostrato affidabile e secondo i responsabili dello studio, potrebbe in futuro diventare uno strumento per la gestione del rischio durante eventi sismici importanti. I risultati della ricerca sono pubblicati su Science Advances.

Ma come funzionano gli attuali sistemi di previsione? In una sequenza sismica tipica, ad una prima forte scossa si susseguono delle scosse di assestamento numerose ma generalmente di minore entità (aftershock). In questo caso è possibile prevedere l’evoluzione del rischio sismico nel periodo successivo utilizzando dei modelli statistici come ad esempio quello di Reasenberg and Jones (R&J). Pur essendo ampliamente utilizzato a livello internazionale dalla sua introduzione nel 1989, questo modello non è tuttavia in grado di prevedere l’evoluzione di sequenze più complesse, poiché non include previsioni sulla distribuzione nello spazio delle scosse e presuppone che la sequenza abbia origine e dipenda da un singolo evento iniziale.

La sequenza sismica di Amatrice-Norcia, cominciata nell’agosto del 2016, è considerata molto complessa dai sismologi. Non è stata preceduta da attività sismica premonitrice (foreshock) e nell’arco di diversi mesi si sono susseguite più di 50.000 scosse diffuse in tutto il territorio locale, con eventi sismici intensi, oltre alla scossa iniziale, a ottobre 2016 e gennaio 2017. Il modello R&J risulta perciò inaffidabile in questo caso.

Modelli più moderni, come l’ETAS (epidemic-type aftershock sequence) e lo STEP (short-term earthquake probability) compensano le mancanze del precedente modello ma non è possibile a priori sapere tra questi funziona meglio o è più adeguato a descrivere una specifica sequenza in corso.

Il sitema messo a punto dall’INGV combina i risultati di 3 varianti dei modelli ETAS e STEP, pesando ciascun risultato in base all’affidabilità dimostrata da quel modello nel periodo di previsione precedente. “Combinare i risultati di più modelli non è un approccio nuovo, è molto usato anche in metereologia. In questo modo si possono inserire nel sistema molti modelli statistici che funzionano bene e che, man mano che migliorano, anche di poco, aiutano ad ottenere delle stime sempre più accurate e precise” ha spiegato Warner Marzocchi, che ha guidato il team di ricerca.

Ogni settimana, o ad ogni evento sismico di magnitudo superiore a 4,5, viene emesso un nuovo bollettino che riporta le probabilità si verifichino nuove scosse in base a posizione e magnitudo attesa. “Una delle grandi differenze che ha il nostro modello rispetto a quelli americani, è la capacità di vedere come le probabilità si evolvono non solo nel tempo, ma anche nello spazio” ha spiegato Marzocchi, “personalmente sono rimasto io stesso stupito della precisione spaziale del modello, i terremoti più forti dopo quello iniziale, a Visso, Norcia e Campotosto sono avvenuti nelle zone in cui era stata individuata la probabilità più alta per futuri eventi”. Nonostante i buoni risultati ottenuti fino ad ora, il sistema è solo alla sua prima generazione e servirà parecchio lavoro per svilupparlo ulteriormente, ma i ricercatori sono ottimisti.

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(Credit: Marzocchi, Taroni, Falcone)

Purtroppo in Italia, ma non solo, c’è la percezione per cui o si riesce a prevedere esattamente un terremoto, oppure non si può dire nulla” conclude Marzocchi, “Questo tipo di lavoro rompe chiaramente questa dicotomia: è vero che non possiamo prevedere con precisione i terremoti, ma possiamo però vedere come variano le probabilità, sempre diverse da zero, di eventi di una certa importanza nel corso di una sequenza sismica”. Secondo Marzocchi le informazioni che il sistema OEF potrà restituire in futuro saranno utili non solo a sviluppare una maggior consapevolezza del rischio sismico in Italia, ma anche a livello operativo per aiutare imprese, pubbliche amministrazioni e forze dell’ordine a decidere come muoversi in un territorio appena colpito da un sisma.

Riferimenti: Science Advances

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