Possiamo prevenire le demenze?

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(Foto via Pixabay)

Ogni anno le demenza mietono dieci milioni di nuove vittime. Un’epidemia che, stima l’Organizzazione mondiale della sanità, entro il 2050 potrebbe portare a oltre 150 milioni di casi nel mondo, scandendo le vite di chi ne è colpito da vuoti di memoria, confusione, difficoltà a parlare, muoversi, riconoscere luoghi e persone cari. Fino all’oblio di sé, alla perdita dei contatti con il mondo. Un costo – in termini di salute e assistenza – contro cui medici e ricercatori cercano di armare nuovi argini, tanto sul fronte farmacologico che su quello della prevenzione. Ma cosa sappiamo su quello che abbiamo già in cantiere?

A chiederselo oggi è un gruppo di ricercatori del Minnesota Evidence-based Practice Center (EPC) che sugl Annals of Internal Medicine presentano quattro review in cui passano in rassegna le evidenze presenti in letteratura per stabilire se interventi farmacologici, attività fisica, vitamine e supplementi nonché training cognitivi, siano efficaci nel prevenire la demenza in soggetti senza la malattia agli inizi degli studi o con deficit cognitivi lievi.

La letteratura analizzata mostra come non ci siano evidenze sufficienti in nessuno dei campi presi, singolarmente, in considerazione. Nel campo dell’attività fisica, – dal tai chi, all’allenamento aerobico a quello di resistenza – scrivono gli esperti, sono insufficienti le prove che singoli interventi di attività fisica nel breve termine favoriscano le funzioni cognitive o prevengano il declino o la demenza negli adulti più anziani. Ci sono però, alcune evidenze, non particolarmente forti, che mostrano invece come qualche effetto benefico a livello cognitivo possano averlo interventi combinati di buoni stili di vita, che mescolino l’attività fisica, la dieta e il training cognitivo.

All’allenamento della mente è dedicata una delle review presentate dai ricercatori, che mostra come, anche in questo caso, estrapolando i dati dagli 11 trial analizzati, le evidenze in materia di prevenzione e ritardo cognitivo per le attività pensate e strutturate per stimolare le funzioni cerebrali siano insufficienti. Quel che sembra funzionare è l’allenamento focalizzato: allenare la memoria può migliorare la memoria, ma l’effetto benefico non si estende ad altri aspetti delle funzioni cognitive.

Ci sono poi altri due campi enormi in cui gli esperti si sono concentrati. Uno riguarda l’utilizzo di vitamine e supplementi, dagli omega-3, alle vitamine B e D , al ginkgo biloba, per cui, di nuovo, non ci sono evidenze tali da giustificare raccomandazioni in ottica di prevenzione in oggetti con funzioni cognitive normali o lievi deficit. L’altro campo preso in esame dai ricercatori riguarda invece i farmaci da prescrizione, non solo considerando i trial relativi ai farmaci contro le demenze, ma anche quelli relativi all’impiego di antiipertensivi, antiinfiammatori, ormoni o farmaci ipolipidemizzanti. “L’evidenza non supporta l’uso dei trattamenti farmacologici studiati per la protezione delle funzioni cognitive in persone con funzioni normali o deficit lievi”, concludono gli autori.

“Non esiste una bacchetta magica per prevenire la demenza in là con gli anni”, riassume Eric B. Larson nell’editoriale che accompagna i report. A leggere i risultati in maniera grezza sembrerebbe che nulla possa essere fatto a livello preventivo. Ma non è questo il senso delle analisi, anzi. Il messaggio, non considerando i limiti degli studi, è piuttosto quello che non esistono soluzioni facili, semplici, uniche, contro una condizione complessa come quella delle demenze e che alla domanda “cosa posso fare per evitarle?”, la risposta ad oggi più opportuna potrebbe essere quella di compiere scelte di buon senso. Scelte che, riferisce lo stesso Larson, prevedano la rinuncia al fumo, il controllo di patologie come diabete e ipertensione, l’attività fisica, una dieta sana e il controllo del proprio peso, nonché una vita sociale attiva. Un messaggio arrivato solo pochi mesi fa dalla Lancet Commission su Dementia prevention, intervention, and care che invitava ad essere ambiziosi in materia di prevenzione, perché investire in educazione, stili di vita sani, combattere malattie croniche, perdita di udito, depressione può avere il potenziale di ritardare o prevenire un terzo dei casi di demenza.

Riferimenti: Annals of Internal Medicine (riferimenti nel testo), Lancet

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