Linfociti Car-T, l’ultima frontiera della lotta ai tumori

(Credits: NIAID/Flickr CC)

Immunoterapia: utilizzare risorse del sistema immunitario, potenziandole, per sconfiggere il cancro dall’interno. Un termine che abbiamo nelle orecchie ormai da qualche tempo, ma parlare di risultati – seppure iniziali – fa tutt’altro effetto. Solo il mese scorso, infatti, uno studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, dimostrava come un tipo di immunoterapia (chiamato Car T) fosse efficace e sicuro nel trattamento dei giovani pazienti affetti della leucemia linfoblastica acuta delle cellule B e risultati incoraggianti sono arrivati anche dall‘Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Proprio di risultati concreti sui pazienti si è parlato durante l’incontro di approfondimento organizzato da Novartis su Car-T, una tecnologia in grado di riprogrammare i linfociti T e distruggere le cellule cancerose della leucemia linfoblastica acuta e dei linfomi diffusi a grandi cellule B.

Car-T è un acronimo e sta per Chimeric Antigen Receptor T-cell. Si tratta di un particolare tipo di cellule del sistema immunitario, i linfociti T, prelevati dal paziente e modificati in laboratorio perché possano esprimere una proteina chimerica (Car) in grado di riconoscere in modo specifico la molecola CD19 espressa sulla membrana delle cellule neoplastiche di alcune forme di leucemia e linfomi, e, al contempo, attivare l’azione killer dei linfociti.

L’idea di una immunoterapia a base di cellule del paziente nasce ormai diverso tempo fa, ma solo recentemente la ricerca ha perfezionato la tecnica portandola a ottenere i primi risultati concreti. Frutti ancora acerbi, ma sui quali porre le basi per continuare a perfezionare la terapia e arrivare, forse un giorno, a rimpiazzare quelle che oggi sono le terapie standard per il trattamento di leucemie e linfomi. E magari prima o poi anche di altri tipi di tumori.

I principali successi sono stati raggiunti su pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta (LLA) per i quali i farmaci tradizionali non avevano più efficacia. La leucemia linfoblastica acuta è una delle forme di leucemia più diffuse, in particolare tra i minori. Ha la sua incidenza massima nella fascia 0-4 anni, poi la frequenza diminuisce con l’aumentare dell’età. Si tratta di un tumore del sangue che interessa i linfociti, che mutano e iniziano a proliferare in maniera incontrollata soppiantando le cellule normali e impedendo le corrette funzioni del midollo osseo. “Cinquanta anni fa la probabilità di guarigione dei bambini con diagnosi di leucemia linfoblastica acuta era inferiore al 10% e invece oggi supera l’85%”, afferma Franca Fagioli, Presidente AIEOP (Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica), Direttore Oncologia Pediatrica, Ospedale Infantile Regina Margherita, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino. “Purtroppo però c’è ancora un 15% di pazienti in cui i risultati non sono soddisfacenti”. Per questi piccoli pazienti, continua Fagioli, “è fondamentale introdurre nuovi farmaci e nuovi schemi di trattamento, ma anche studiare strategie terapeutiche innovative e di qualità, sicure ed efficaci”.

La terapia con i Car-T si sta dimostrando un approccio promettente in questo senso. Come spiega Andrea Biondi, Direttore Clinica Pediatrica dell’Università di Milano Bicocca, Fondazione MBBM/Ospedale San Gerardo (Monza), “I risultati più recenti della terapia Car-T per la cura della leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria sono quelli dello studio ELIANA, che ha coinvolto 25 centri a livello internazionale e 75 pazienti in età pediatrica o giovani adulti in recidiva o resistenti alla chemioterapia. A tre mesi dall’infusione, l’81% dei pazienti era in remissione, dopo sei mesi l’80% e dopo 12 mesi il 59%”.

Sulla base dei risultati ottenuti nell’ambito dello studio ELIANA, la terapia Car-T prodotta da Novartis, tisagenlecleucel, ha ricevuto nell’agosto 2017 l’autorizzazione da parte della Food and Drug Administration per i bambini e i giovani adulti con leucemia linfoblastica acuta di tipo B, refrattari o recidivanti dopo almeno due linee di terapia. “La terapia con cellule Car–T rappresenta un’importante opportunità per tutti quei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta B-cellulare che non avrebbero altre possibilità di cura dopo il fallimento delle terapie attualmente disponibili”, aggiunge Franco Locatelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma e Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Pavia. “Fino a cinque o sei anni fa non avremmo potuto immaginare questi risultati ma, grazie agli anticorpi monoclonali prima e ora alle cellule Car-T, disponiamo di nuove armi che agiscono in maniera completamente diversa da quelle precedenti. Stiamo vivendo l’inizio di una nuova era e si aprono nuove prospettive che potrebbero portare nuove speranze ai pazienti”.

La terapia con i Car-T si è dimostrata efficace anche come trattamento di altri tipi di tumori del sangue. Gli studi clinici JULIET e ZUMA-1 hanno ottenuto risultati promettenti in pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B, una forma di linfoma non Hodgkin molto aggressiva e difficile da trattare, che insorge con maggiore frequenza dopo i 50 anni. “Applicheremo anche nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B la terapia che è già stata sperimentata con successo nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta”, ha spiegato Umberto Vitolo, Direttore Struttura Complessa di Ematologia, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino. La sperimentazione clinica, inoltre, sta proseguendo e si sta esplorando la possibilità di applicazione della tecnologia Car-T anche per altri tipi di linfomi e patologie ematologiche”.

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