A ciascun Polo la sua aurora

Le aurore polari, comunemente note come aurora boreale nell’emisfero Nord e aurora australe in quello Sud, sono state a lungo considerate speculari l’una all’altra, ma le osservazioni condotte da Nikolai Østgaard e Karl Magnus Laundal, pubblicate da Nature, hanno confermato una distribuzione completamente asimmetrica della loro intensità.

Entrambe le aurore sono generate da particelle emesse dal Sole che vengono deviate dal campo magnetico terrestre; ciò ne causa una migrazione verso i poli del pianeta lungo le linee che collegano i due emisferi dello stesso campo magnetico. Una volta entrate nella ionosfera (uno strato dell’atmosfera in cui i gas sono rarefatti e ionizzati cioè elettricamente carichi), queste particelle interagiscono con azoto e ossigeno che, eccitati, emettono raggi, archi o fasci di luce diffusa negli strati più alti dell’atmosfera. Al di là di alcune differenze dovute a effetti stagionali e allo spostamento di qualche decina di gradi in longitudine, le due aurore sono state considerate simmetriche, almeno fino a uno studio della Nasa del 2005.

Nella nuova ricerca, i due studiosi dell’Università di Bergen (Norvegia) hanno analizzato immagini della luce catturate dalla Wideband Imaging Camera e dalla Polar Visible Imaging System Earth Camera il 12 maggio 2001; le macchie osservate al tramonto nell’aurora australe durante l’inverno sono apparse persistenti, contrariamente a quelle visibili all’alba nell’aurora boreale estiva, che, invece, sono transitorie. Ciò ha portato gli autori ad ipotizzare che le particelle non si distribuiscano uniformemente tra i due emisferi, dove sarebbero anche sottoposte a una diversa accelerazione.

Le conoscenze a disposizione riguardo all’intensità del campo magnetico terrestre e alla conducibilità nei due emisferi non permettono di giustificare le differenze osservate; piuttosto, questo fenomeno potrebbe costituire una prova dell’esistenza di correnti elettromagnetiche inter-emisferiche stagionali, la cui presenza è stata predetta da studi teorici, ma mai dimostrata. “La spiegazione più plausibile chiama in causa le linee del campo elettromagnetico dovute a differenze nell’esposizione solare dei due emisferi ”, hanno ipotizzato i ricercatori, che continuano: “I nostri studi mostrano, comunque, che i dati su un solo emisfero non sono sufficienti. Questo è importante perché finora le conoscenze sulle aurore polari, come su altri fenomeni, si basano unicamente sulle osservazioni dell’emisfero Nord”. (si.sol.)

Fonte: doi:10.1038/nature08154

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