Caldo, siccità e scarse precipitazioni. Tra il 2070 e il 2100 l’Italia va incontro a un aumento delle temperature medie estive di oltre sei gradi. È la prima previsione fornita dal neonato Centro euro mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc), presentato oggi nel corso del convegno “La sfida della scienza del clima, un’iniziativa italiana” svoltosi a Roma. L’istituto, che è un consorzio di cinque enti italiani (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Fondazione Eni Enrico Mattei, Università del Salento, Centro italiano ricerche aerospaziali e Consorzio Venezia ricerche), avrà la sua sede centrale a Lecce e sedi distaccate a Bologna, Venezia, Sassari e Capua e sarà il primo in Europa interamente dedicato allo studio dei cambiamenti climatici e dei suoi impatti nell’area del Mediterraneo.
Grazie a un centro di calcolo tra i più potenti in Europa e alla collaborazione tra climatologi, agronomi, fisici, matematici, informatici ed economisti, infatti, il Cmcc fornirà una serie di simulazioni numeriche per costruire gli scenari dell’evoluzione climatica dei prossimi decenni e le ricadute nei vari settori, dall’agricoltura all’economia, dagli ecosistemi marini e terrestri alle zone costiere e alla salute.
I primi dati non si sono fatti attendere. Durante il convegno è stato presentato un set di scenari climatici sull’andamento della temperatura e delle precipitazioni nei prossimi 100 anni sul bacino del Mediterraneo e sulla drastica riduzione delle superficie di coltivazioni foraggere in Sardegna. In base al modello, le precipitazioni nei mesi invernali diminuiranno del 20 per cento circa, la temperatura aumenterà da uno a tre gradi tra il 2021 e il 2050, per arrivare fino ai sei gradi nel 2100. L’aumento del rischio di siccità, combinato alla diminuzione della presenza di zone umide, provocherà lo spostamento dell’area di diffusione di alcune coltivazioni tipiche italiane, soprattutto vite e ulivo. (r.p.)
