Predire l’insorgenza del morbo di Parkinson addirittura decenni prima della comparsa dei primi sintomi caratteristici della malattia. È quanto riuscirebbe a fare una nuova e promettente intelligenza artificiale (Ai) appena messa a punto dagli scienziati della University of New South Wales, a Sidney, in collaborazione con la Boston University. Sulle pagine della rivista Acs Central Science i ricercatori hanno descritto come questo nuovo strumento, chiamato Crank-Ms (Classification and Ranking Analysis using Neural network generates Knowledge from Mass Spectrometry), può migliorare il modo in cui diagnostichiamo la malattia con una accuratezza elevatissima.
Ricordiamo che fino ad oggi non esistono esami del sangue o di laboratorio in grado di diagnosticare il Parkinson non genetico, ma si osservano solamente i primi sintomi fisici, come per esempio il tremore alle mani a riposo. Tuttavia, anni o addirittura decenni prima dell’insorgenza della malattia possono presentarsi sintomi atipici come disturbi del sonno e l’apatia. Per questo, raccontano i ricercatori del nuovo studio, lo strumento di apprendimento automatico Crank-Ms potrebbe essere utilizzato per identificare segnali premonitori ed escludere o meno il rischio di sviluppare la patologia.
Nella ricerca, il team ha esaminato i campioni di sangue raccolti nell’ambito dello studio spagnolo Epic (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition). Concentrandosi su 39 pazienti che hanno sviluppato il morbo di Parkinson negli anni successivi allo studio, il team ha “allenato” il proprio strumento di apprendimento automatico su set di dati contenenti informazioni sui metaboliti. Dopo aver confrontato questi metaboliti con quelli di 39 persone dello stesso studio che non hanno sviluppato la malattia (ossia il gruppo di controllo) il team è stato in grado di identificare combinazioni uniche di metaboliti che potrebbero potenzialmente essere segnali premonitori per il morbo di Parkinson.
“Il metodo più comune per analizzare i dati della metabolomica è attraverso approcci statistici”, afferma l’autrice Diana Zhang. “Quindi, per capire quali metaboliti sono più significativi per la malattia rispetto ai gruppi di controllo, i ricercatori di solito esaminano le correlazioni che coinvolgono molecole specifiche. Ma qui prendiamo in considerazione che i metaboliti possono avere associazioni con altri metaboliti, ed è qui che entra in gioco l’apprendimento automatico. Con centinaia o migliaia di metaboliti, abbiamo utilizzato il potere computazionale per capire cosa sta succedendo”.
Durante lo studio, infatti, sono emersi alcuni risultati interessanti sui metaboliti. Ad esempio, i triterpenoidi, neuroprotettori che regolano lo stress ossidativo e si trovano in alimenti come mele, olive e pomodori, sono stati trovati in concentrazioni inferiori nel sangue di chi ha sviluppato il morbo di Parkinson. Inoltre, lo studio ha evidenziato la presenza di sostanze alchiliche polifluorurate (Pfas) nelle persone che hanno sviluppato la patologia. “Abbiamo prove che suggeriscono che si tratti di Pfas, ma abbiamo bisogno di più dati per essere sicuri al 100%”, precisa W. Alexander Donald, co-autore dello studio.
Sebbene lo strumento sia stato in grado di analizzare le sostanze chimiche presenti nel sangue per rilevare il morbo di Parkinson con una precisione fino al 96%, saranno necessari ulteriori indagini per confermare questi risultati. “Questo studio è interessante a più livelli”, conclude Donald. “Prima di tutto, l’accuratezza è molto elevata per prevedere il morbo di Parkinson prima della diagnosi clinica. Questo metodo di apprendimento automatico, inoltre, ci ha permesso di identificare i marcatori chimici più importanti per predire con precisione chi svilupperà la malattia in futuro. Infine, alcuni dei marcatori chimici che guidano la maggior parte delle previsioni sono stati in precedenza implicati nel morbo di Parkinson nei test cellulari, ma non negli esseri umani”.
Via: Wired.it
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Credit immagine: Sabine van Erp da Pixabay
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