Vedere le nostre Alpi vestite di bianco è uno spettacolo sempre più raro. Nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso si è accorciata di oltre un mese – un fenomeno mai riscontrato da prima della scoperta delle Americhe. A sostenerlo, in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, sono i ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Bologna che sono riusciti a ricostruire il panorama alpino dei secoli passati grazie a una “spia” molto particolare: il ginepro.
Come neve al sole. Sui ghiacciai con Luca Parmitano e Mario Vielmo
La neve ha un ruolo chiave nel bilancio energetico terrestre, ed è anche fondamentale per i sistemi naturali, sociali ed economici della regione alpina che si sostengono grazie alla sua disponibilità. Il monitoraggio del manto nevoso, però, viene eseguito solo da pochi decenni a questa parte. I dati raccolti, dunque, non sono sufficienti per lo studio dei cambiamenti climatici, che ha bisogno di una prospettiva temporale molto più ampia. “Da qui, la necessità di guardare oltre l’orizzonte fornito dai dati strumentali e trovare altre fonti che ci permettano di estendere a ritroso nel tempo le informazioni climatiche necessarie”, spiega Michele Brunetti del Cnr-Isac.
La fonte individuata dagli scienziati è l’arbusto del ginepro comune, una pianta in grado di crescere in alta quota e di registrare nei suoi anelli di accrescimento la durata della copertura nevosa. “Essendo alto poche decine di centimetri, la sua stagione di crescita dipende fortemente da quanto precocemente riesce ad emergere dalla coltre bianca che lo ricopre”, chiarisce Marco Carrer, ecologo forestale dell’Università di Padova e primo autore dello studio.
Così, incrociando le misure degli anelli di accrescimento del ginepro (che può raggiungere età considerevoli, oltre 400 anni) con un modello di permanenza del manto nevoso elaborato ad hoc, gli scienziati sono riusciti a ricostruire le condizioni di innevamento negli ultimi sei secoli. È la prima volta che si riescono ad ottenere informazioni su un così lungo orizzonte temporale per questa variabile meteorologica estremamente importante.
“Ciò ci ha permesso di comprendere che quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è qualcosa che non si era mai presentato precedentemente”, concludono gli esperti, che sottolineano come simili risultati dovrebbero far acquisire maggiore consapevolezza delle nuove sfide dettate dai mutamenti in atto e futuri per una regione i cui equilibri si sono mostrati fortemente sensibili ai cambiamenti climatici.
Fonte: Nature Climate Change
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