Da tempo consideriamo l’Alzheimer come una malattia correlata all’invecchiamento. Eppure raramente questa forma di demenza si riscontra anche in età giovanile. E’ invece questo il caso descritto lo scorso gennaio dall’équipe di Jia Jianping, neurologo del Friendship Hospital e del National Clinical Center for Geriatric Diseases di Pechino sul Journal of Alzheimer’s Disease, relativo a una probabile diagnosi di Alzheimer su un ragazzo di 19 anni.
Alzheimer giovanile: perché si parla di diagnosi probabile
Il termine “probabile” non è casuale, poiché l’unico modo, attualmente, per confermare una diagnosi di questo tipo è tramite la visualizzazione di placche amiloidi nel cervello. E questo è possibile solo analizzando direttamente il cervello del paziente dopo il decesso. Lo conferma Stefano Cappa, professore di neurologia all’Istituto Universitario di Studi avanzati di Pavia: “Quello descritto è un caso eccezionalmente precoce. Di solito si parla di esordio giovanile per la fascia tra i 30 e 65 anni. Ma la diagnosi certa di malattia di Alzheimer avviene solo all’anatomia patologica. Questo paziente presenta i biomarcatori positivi per la malattia, ma c’è sempre un margine di incertezza, soprattutto in un caso del genere”.
Lo studio dice che il ragazzo si è presentato con deficit di memoria a breve termine iniziati due anni prima, insieme ad altri sintomi tipici della demenza che lo hanno costretto a lasciare gli studi. Per effettuare la diagnosi, il paziente è stato sottoposto a vari test neuropsicologici che hanno evidenziato la compromissione della memoria sia a breve che a lungo termine. La risonanza magnetica volumetrica ha mostrato una perdita di volume nella zona dell’ippocampo, che poi è risultato essere atrofizzato. La PET-FDG ha invece evidenziato un alterato consumo energetico nelle aree del cervello importanti per la memorizzazione e l’apprendimento. L’analisi del liquido cerebro-spinale ha mostrato una concentrazione anomala della p-tau 181, uno dei biomarcatori associati all’Alzheimer. Le conclusioni dello studio parlano dunque di “atrofia bilaterale del ippocampo e ipermetabolismo nel lobo temporale bilaterale”.
Un caso eccezionale
Sono in effetti già noti casi di pazienti giovani con diagnosi di Alzheimer, ma quello descritto da Jianping rappresenta un vero e proprio record. Tuttavia, aggiunge Cappa, non è possibile parlare di diagnosi precoce, visto che il paziente presentava già i sintomi. “Una diagnosi su un paziente così giovane può avere conseguenze catastrofiche, visto che per questa malattia non esistono ancora terapie realmente efficaci. Poiché però l’associazione dell’Alzheimer con l’età è assolutamente stabilita, questa è un’eccezione rispetto alla norma. In questo caso, dunque, non prevedo grandi implicazioni sulla ricerca in generale, visto che siamo davanti a una situazione assolutamente atipica”.
La ricerca dice che alcuni casi di Alzheimer sono dovuti alla mutazione di alcuni geni, ma queste forme rappresentano non più del 13% dei casi. Per verificare una predisposizione genetica, l’equipe di Jiamping ha sequenziato il genoma del ragazzo, senza però riscontrare mutazioni correlate alla malattia. E questo, pur essendo un caso isolato, potrebbe rappresentare un elemento interessante per la ricerca futura.
Alzheimer, una malattia ancora in cerca di cura
Oggi per la malattia di Alzheimer non esiste una cura. I farmaci attualmente disponibili puntano tutti a contenere i sintomi. Il diciannovenne al momento è trattato con farmaci sperimentali anti-amiloide, anticorpi monoclonali che dovrebbero contrastare la formazione delle placche.
“Al momento non disponiamo di terapie risolutive, la ricerca ha concentrato gli sforzi per modificare il decorso della malattia, indirizzandosi sulla rimozione della beta-amiloide”, continua Cappa. Un approccio che ha generato anche diverse critiche, visti gli insuccessi. “Apparentemente i dati più significativi sono quelli di lecanemab, approvato dalla FDA e in valutazione da parte dell’EMA. Gli effetti sono modesti, ma poiché siamo davanti a una malattia inesorabilmente progressiva, anche un progressivo rallentamento – aggiunge il neurologo – può essere efficace e va preso in considerazione”. Nonostante i casi rari come quello descritto, l’Alzheimer resta una malattia correlata all’invecchiamento. “Tutte le malattie – conclude Cappa – hanno un range di età tipica d’insorgenza, poi nella distribuzione compaiono code precoci e tardive. In questo caso ci troviamo all’estremo della coda precoce”.
Riferimento: Journal of Alzheimer’s Disease
Credit immagine: David Matos su Unsplash