Salute

L’Alzheimer può trasmettersi tramite trasfusioni di sangue?

(foto: NIH Image Gallery/Flickr CC)

Il morbo di Alzheimer potrebbe essere considerata come una malattia che si diffonde tramite trasfusioni di sangue? A rispondere sono stati i ricercatori della University of British Columbia di Vancouver, che sulle pagine di Molecular Psychiatry hanno fornito la prima prova sperimentale che, con le trasfusioni di sangue tra topi, potrebbe verificarsi la diffusione della proteina beta amiloide, che svolge un ruolo fondamentale nella patogenesi dell’Alzheimer.

In altre parole, il team di ricercatori, guidati da Weihong Song, ha osservato che quando un topo sano riceveva il sangue di un altro roditore che aveva placche amiloidi tipiche dell’Alzheimer, la sua probabilità di sviluppare la proteina beta-amiloide era molto alta: questa proteina, infatti, ha provocato la comparsa di placche nel cervello del topo sano, avviando quindi il processo in cui il tessuto cerebrale comincia a degenerare. “Abbiamo osservato che la proteina può entrare nel cervello di un topo che riceve una trasfusione, provocando la neuro-degenerazione”, precisa Song.

Tuttavia, i topi non sviluppano naturalmente il morbo di Alzheimer. Il team di ricercatori ha quindi dovuto inserire il gene della proteina beta-amiloide nei topi transgenici, permettendo loro di sviluppare le placche cerebrali che portano alla neuro-degenerazione, proprio come avviene per gli esseri umani. Così, collegando chirurgicamente un topo transgenico con un topo sano, gli scienziati sono stati in grado di simulare un sistema sanguigno condiviso tra i due (parabiosi).

Dai risultati è emerso che i topi in buona salute hanno cominciato ad accumulare la proteina beta-amiloide nel cervello e nel giro di quattro mesi, la regione cerebrale implicata nei processi di memoria e apprendimento ha cominciato a mostrare i sintomi devastanti tipici dell’Alzheimer.

Come si legge nello studio, il team di ricercatori invita a non arrivare a conclusioni affrettate, precisando che “collegare chirurgicamente due topi non è assolutamente una procedura che si applica per noi esseri umani”. La speranza dei ricercatori, invece, è che i risultati del loro studio possano aprire la strada allo sviluppo di nuovi farmaci e trattamenti che hanno come target le placche della proteina beta-amiloide, piuttosto che il cervello.

In un altro studio, pubblicato ieri su Science, il team di ricercatori della Stanford University in Palo Alto (California) ha indagato su come gli effetti delle trasfusioni di sangue, donato da persone giovani e sane, possano contribuire a invertire il corso dell’Alzheimer nei pazienti anziani. Secondo i risultati della ricerca, il trattamento non avrebbe poi così tanti benefici: infatti, i caregivers dei 16 pazienti coinvolti nello studio hanno riferito che, dopo aver ricevuto trasfusioni settimanali di sangue sano, svolgevano leggermente meglio le loro attività quotidiane, come prepararsi un pasto o vestirsi, ma non hanno dimostrato un miglioramento significativo su test cognitivi somministrati dal team di ricercatori.

L’idea che il sangue giovane possa avere proprietà benefiche c’è da quasi 150 anni, quando alcuni esperimenti suggerivano che la tecnica di parabiosi, ovvero topi vecchi e giovani cuciti insieme, così da condividere la loro circolazione sanguigna, potesse avere benefici, come rivitalizzare il fegato, i muscoli e il cervello.

In questo caso, tuttavia, come precisano i ricercatori, il campione dello studio è davvero molto piccolo e gli effetti positivi riportati dai caregivers potrebbero essere semplicemente un effetto placebo, in quanto i pazienti potrebbero sentirsi meglio solamente perché ricevono più attenzioni. “Siamo ottimisti riguardo al leggero miglioramento dei test funzionali” spiegano i ricercatori, aggiungendo che il prossimo passo sarà quello di utilizzare solo la porzione di sangue che contiene fattori di crescita (che negli animali si è dimostrata efficace nel migliorare la funzione cognitiva), ma non i fattori della coagulazione e di altri componenti che possono fare più male che bene.

Via: Wired.it

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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