Categorie: Salute

Antidepressivi contro l’Alzheimer?

Nuove speranze per i malati di Alzheimer. Stando a una ricerca appena pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, infatti, sembra che il citalopram, una molecola comunemente usata come antidepressivo, in grado di aumentare i livelli di serotonina nel cervello, sia anche efficace nel rallentare la progressione del morbo di Alzheimer. Lo studio è stato condotto dagli scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louise e della University of Pennsylvania, coordinati dal neurologo John Cirrito. I ricercatori, in particolare, hanno scoperto che il citalopram riduce, sia nei topi che negli esseri umani, la produzione di betamiloidi, i principali costituenti delle placche che si accumulano nel cervello dei pazienti con Alzheimer e che sono le principali responsabili di problemi di memoria e disturbi cognitivi associati alla sindrome.

Una ricerca precedente, sempre a firma di Cirrito, aveva già mostrato che la serotonina riduce i livelli di betamiloidi nel cervello. Dato che la maggior parte degli antidepressivi favorisce il rilascio e la circolazione di serotonina, agli scienziati è venuto piuttosto naturale cercare una correlazione tra assunzione di antidepressivi e livelli di betamiloidi. L’équipe, quindi, ha somministrato ciclopram a topi adulti con placche cerebrali, tracciandone la dimensione per 28 giorni tramite imaging a due fotoni: l’assunzione dell’antidepressivo ha fermato la crescita delle placche esistenti e ne ha ridotto la formazione di nuove del 78%. In un secondo esperimento, gli scienziati hanno somministrato una singola dose della molecola a 23 persone sane tra i 18 e i 50 anni. I campioni di liquido spinale prelevati ai partecipanti nelle 24 ore successive hanno mostrato una riduzione del 38% nella produzione di betamiloidi.

I risultati sono molto incoraggianti, secondo i ricercatori, ma la strada da percorrere è ancora lunga: “Il fatto che gli antidepressivi riducano la produzione di betamiloidi è molto interessante”, spiega Cirrito. “Ma hanno comunque effetti collaterali e rischi. Finché non riusciamo a provare definitivamente che questi farmaci aiutano a rallentare o fermare l’Alzheimer negli esseri umani, il gioco non vale la candela. Bisogna attendere altri studi che lo confermino”.

Via: Wired.it

Credits immagine: John Cirrito, Ph.D.

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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