Anvur, la qualità della ricerca in Italia

133 le strutture analizzate, 184.878 prodotti di ricerca valutati da parte di 450 esperti, per un totale di 14 aree di studio. Sono questi i numeri della Valutazione della qualità della ricerca italiana (Vqr) per il settennio 2004-2010, i cui risultati sono stati presentati oggi dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Dati grazie ai quali “il Paese possiede una fotografia dettagliatissima e, soprattutto, certificata della qualità della ricerca italiana prodotta nelle università e negli enti di ricerca”, ha commentato Stefano Fantoni, presidente dell’Agenzia. Fotografia che mostra eccellenze in chimica e fisica e punti deboli in economia e scienze sociali. Ma cerchiamo di vedere come funziona la valutazione della ricerca prima di illustrarne i risultati. 

La valutazione della qualità della ricerca, come suggerisce il nome, si occupa sostanzialmente di valutare la qualità della ricerca scientifica condotta da università (statali e non), ed enti di ricerca pubblici e privati vigilati dal Ministero della pubblica istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), su 14 aree: scienze matematiche e informatiche; scienze fisiche; scienze chimiche; scienze della terra; scienze biologiche; scienze mediche; scienze agrarie e veterinarie; architettura e ingegneria civile; ingegneria industriale e dell’informazione; scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; scienze storiche, filosofiche e pedagogiche e scienze psicologiche; scienze giuridiche; scienze economiche e statistiche e scienze sociali e politiche. 

Ogni area è stata quindi analizzata da un Gruppo di esperti della valutazione (Gev), per un totale di 450 persone chiamate a misurare la qualità dei prodotti di ricerca più disparati: paper scientifici, libri, capitoli di libri e atti di congressi (solo se dotati di Isbn); edizioni critiche, traduzioni e commenti scientifici; brevetti; composizioni, disegni, design, performance, mostre ed esposizioni organizzate, manufatti, prototipi e opere d’arte e loro progetti, banche dati, software e carte tematiche. 

Tutti i prodotti sottomessi dalle 133 strutture (oltre 180mila) che hanno partecipato alle analisi sono stati valutati per criteri di rilevanza, efficacia, innovazione e internazionalizzazione affidandosi a due  metodologie (più volte contestate da comunità scientifica e docenti), usate in singolo o combinate. Le due metodiche sono l’analisi bibliometrica (basata sul numero di citazioni ricevute da un articolo e sull’impact factor della rivista dove era pubblicato) e la peer review affidata a referee scelti dai membri dei Gev. 

Questo processo di valutazione ha poi permesso di elaborare degli indicatori di qualità sia per le strutture (basati su parametri come capacità di formazione, allocazione risorse, internazionalizzazione e qualità dei prodotti di ricerca stessi) che per le attività tecnologiche e culturali delle istituzioni (come brevetti, spin off, siti archeologici), complessivamente noti come indicatori di terza missione. Questi risultati, scrivono dall’Anvur, potrebbero essere usati sia dalle stesse strutture, per mettere in opera azioni di miglioramento interne mirate, sia per il Miur stesso, che potrebbe utilizzare questi indicatori come strumento di attribuzione di finanziamento in base al merito

Ma veniamo ora ai risultati. Una classifica, seppur parziale, può essere fatta per tutte le aree per tipologia di atenei: grandi, medi e piccoli. Padova, seguita da Milano Bicocca e Verona, guida la graduatoria delle grandi università, mentre Trento, Bolzano e Ferrara quella delle medie. Tra le piccole invece ci sono la Normale e il Sant’Anna di Pisa ai primi posti, seguiti dalla Luiss di Roma. 

Ma se non ci sono primi e secondi posti assoluti per le diverse strutture, ne esistono invece per le diverse aree. Nella graduatoria delle eccellenze spiccano le scienze chimiche e le scienze fisiche (rispettivamente 0,78 e 0,79 in una scala da 0 e 1), seguite da Ingegneria industriale e dell’informazione scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche (0,72 e 0,66). Gli ultimi posti della classifica delle eccellenze vanno invece alle scienze economiche e statistiche e alle scienze sociali e politiche (0,32 e 0,45). Ogni struttura inoltre mostra eccellenze e lacune nella qualità della ricerca nelle diverse aree.

Per esempio per le scienze chimiche ai primi posti per qualità della ricerca troviamo l’ Università di PadovaParma Catanzaro (rispettivamente per università grandi, medie e piccole), e laFondazione E. Mach – San Michele all’Adige (Trento) e il Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali per gli enti di ricerca e i consorzi. Ancora Padova, insieme a Torino Sapienza Università di Roma sono poi i grandi atenei dove la qualità per le scienze fisiche è superiore alle media (la Normale di Pisa spicca invece tra le piccole università). 

Per le scienze mediche (che nel voto medio di eccellenza registrano uno 0,47) il San Raffaele di Milano e l’ Università di Trento realizzano una qualità della ricerca sopra la media di area come piccoli atenei, mentre tra i grandi si distinguono PadovaTorino Bologna. La Ca’ Foscari di Venezia, l’ Università di Bergamo e la Normale di Pisa sono invece le strutture che si affermano nell’area delle scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche. Infine nella zoppicante area delle scienze economiche la ricerca è di buona qualità nei grandi atenei della Bocconi di Milano Padova, all’ Imt di Lucca e al Sant’Anna per i piccoli.

Via: Wired.it

Credits immagine: juanita.laguna/Flickr

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