Categorie: Salute

Autismo, nuove prove a favore dell’ossitocina

Lo chiamano ormone dell’amore. Ma il suo nome scientifico è ossitocina. Si tratta, per l’appunto, di una sostanza prodotta dall’organismo che ha un ruolo importante nel favorire i legami affettivi e sociali. Che, stando a quanto emerge da una ricerca condotta dagli scienziati del Brain and Mind Centre alla University of Sydney, in Australia, e pubblicata su Molecular Psychiatry, potrebbe avere un ruolo positivo anche nel trattare le impedenze sociali, i problemi di relazione con il mondo esterno, di cui notoriamente soffrono i pazienti con autismo.

La possibilità di utilizzare l’ossitocina per trattare i pazienti autistici era, in realtà, già stata presa in considerazione dalla scienza medica. Due anni fa era stato pubblicato su Pnas uno studio che mostrava come una singola dose dell’ormone, somministrata tramite spray nasale, fosse in grado di aumentare l’attività cerebrale nei bambini autistici durante l’elaborazione di informazioni sociali. La ricerca odierna conferma questi risultati: gli scienziati australiani, guidati da Inge Neumann, hanno infatti mostrato che un trattamento di cinque settimane (sempre somministrando l’ossitocina somministrata tramite spray nasale) riesce a mitigare i problemi sociali, comportamentali e di umore di cui soffrono bambini con autismo.

Risultati incoraggianti, sebbene sia da sottolineare che il campione di pazienti preso in esame è piuttosto piccolo (31 bambini tra i tre e gli otto anni).

“Abbiamo utilizzato”, spiega Adam Guastella, uno degli autori del lavoro, “gli strumenti più scientificamente accreditati per la valutazione dei comportamenti sociali dei bambini con questo disturbo. E abbiamo scoperto che dopo il trattamento, i parenti dei bambini li trovavano migliorati, dal punto di vista delle relazioni sociali. Siamo arrivati alle stesse conclusioni valutando il comportamento dei bambini in doppio cieco”. Ian Hickie, un altro ricercatore dell’équipe che ha condotto lo studio, fa notare che i risultati del lavoro rappresentano l’avvio di un nuovo potenziale approccio terapeutico all’autismo: “La possibilità di utilizzare questi farmaci elementari”, conclude, “per mitigare gli effetti più drammatici dell’autismo è molto stimolante”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Romário de Souza Faria/Flickr CC

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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