Milla Baldo Ceolin, la signora dei neutrini

“Io stimo più il trovar un vero benché di cosa leggiera che ’l disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nissuna”». Milla Baldo Ceolin doveva sentirsi in perfetta consonanza con queste parole di Galileo Galilei, tanto da utilizzarle come esordio della sua affascinante rassegna sulla storia della scoperta di nuove particelle elementari attraverso la tecnica delle emulsioni nucleari (1).

Nel corso degli anni Cinquanta Milla si era lanciata in questa avventura scientifica guidata nella scelta delle questioni su cui indagare da un criterio che amava spesso sottolineare: «Era una fisica molto divertente». Uno spirito di leggerezza, unito a una straordinaria determinazione, ha contribuito allo sviluppo del suo stile di ricerca modellato dalla curiosità per gli esperimenti più insoliti, più che indirizzato all’esplorazione sistematica, pur necessaria per la costruzione di un solido quadro d’insieme.

Così lei stessa ha raccontato alcuni aspetti della sua infanzia e prima giovinezza (2): «Sono nata a Legnago, paese sull’Adige il 12 agosto del 1924. Mia nonna, la mamma di mia madre, era stata una femminista. Aveva mandato a scuola tutte le figlie, che indossavano i pantaloni, fumavano, erano abituate ad essere libere, e in un paese di montagna erano considerate un po’ originali. Quando sono nata io, per molto tempo sono stata l’unica femmina in una famiglia piena di maschi – anche da parte di mio padre – e così sono cresciuta come  i maschi e dovevo essere come i miei fratelli. Non c’era differenza. Avevamo i calzettoni tutti  uguali, le maglie a righe, si faceva tutto insieme, facevamo a botte e dovevo difendermi. Non è mai stato messo in discussione che sarei andata all’università, anche se a Legnago, dove ho fatto il liceo, non era una scelta diffusa… A casa nessuno disse nulla: Io voglio fare fisica…Va bene, fai quello che vuoi».

All’Università di Padova Milla seguì le lezioni di fisica generale di Antonio Rostagni, direttore dell’Istituto, succeduto a Bruno Rossi dopo la cacciata di quest’ultimo in seguito alle leggi antisemite del 1938. La fisica teorica era insegnata da Nicolò Dallaporta, ma furono le lezioni di fisica superiore di Giampietro Puppi ad affascinarla profondamente. Massimilla, si laureò nel gennaio 1952, in un’epoca in cui l’Istituto di Fisica di Padova stava faticosamente partecipando al processo di ricostruzione e alla riconquista per l’Italia di un ruolo internazionale. Proprio l’anno precedente i centri di ricerca di Padova, Roma, Torino e Milano avevano costituito l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ma erano ancora gli anni del sacrificio: «Nel 1951, quando mi sono laureata, non c’erano posti; così veniva dato il posto a uno e poi i soldi venivano divisi tra quattro. Rostagni decideva quanto e a chi. Mi chiama, mi guarda e dice: “Lei è vestita abbastanza bene…”. Poi viene [Michelangelo] Merlin: “Se lei non si offende le darei diecimila lire al mese così si paga il biglietto del treno”».

Raggi cosmici e camere a bolle

A quell’epoca i raggi cosmici rappresentavano ancora un prezioso strumento per l’indagine dell’universo subnucleare e avevano mantenuto viva in Italia una tradizione di ricerca durante gli anni difficili della guerra e del primo dopoguerra, consentendo anche di allevare le nuove generazioni. Sono gli anni dei lanci delle emulsioni nucleari con palloni sonda, culminati nel 1954 con il lancio del G-Stack, un gigantesco pacco di emulsioni fotografiche frutto di una collaborazione tra vari laboratori europei. Con l’avanzare degli anni Cinquanta i risultati ottenuti attraverso lo studio dei raggi cosmici iniziarono a perdere terreno rispetto alle possibilità offerte dai nuovi potenti acceleratori di particelle e tuttavia continuarono a dare risultati fondamentali nello studio delle cosiddette “particelle strane” così chiamate perché sembravano essere prodotte con modalità tipiche dell’interazione nucleare forte, ma decadevano con vite medie molto lunghe, tipiche dell’interazione debole.

Alla conferenza internazionale tenuta a Pisa nel 1955 i fisici dei raggi cosmici presentarono i risultati  ottenuti con il G-Stack celebrando il loro trionfo finale. Alla stessa conferenza i fisici che lavoravano al Bevatrone di Berkeley arrivarono con i loro primi risultati ottenuti esponendo pacchi di emulsioni ai fasci del loro acceleratore. Le tracce lasciate dalle particelle prodotte artificialmente potevano essere analizzate conoscendo una serie di parametri fisici che nel caso dei raggi cosmici  risultavano del tutto imprevedibili a priori.

La preparazione dei fasci e la possibilità di ripetere gli esperimenti nelle condizioni desiderate fornirono la prova definitiva che quelle che apparivano  essere particelle di natura diversa non erano altro che i differenti modi di decadimento di una unica particella, proprio come aveva sostenuto Bruno Rossi nel corso dello storico convegno di Bagnère de Bigorre nel 1953. Milla Baldo Ceolin ne era rimasta molto impressionata: «Rossi torreggiava su tutti gli altri». Quest’ultimo aveva appena pubblicato High-Energy Particles, che in quegli anni  rappresentava una bibbia per chi si occupava di raggi cosmici e particelle elementari: «Studiavo il Rossi, che mi ha fatto compagnia come libro di studio… Poi avevo anche l’aiuto di Carlo, discutevamo di fisica insieme… Lui la fisica la sapeva e aveva molto gusto nell’impararla e così avevo un  modo di trovare qualcuno con cui discutere di queste cose» (3).

Sono anni in cui la fisica si sviluppa sempre più attraverso collaborazioni internazionali  che preparano la via ai grandi gruppi che a partire dalla fine degli anni Cinquanta caratterizzeranno le ricerche in grandi laboratori come il CERN di Ginevra, il Fermilab e altri centri di ricerca negli Stati Uniti. Milla Baldo Ceolin cresce scientificamente in questo periodo di passaggio, anche attraverso lo stimolante scambio con personaggi come il fisico americano William F. “Jack” Fry, «pieno di fantasia», con cui progettò una serie di esperimenti per lo studio dei mesoni K carichi e neutri, che rappresentarono un contributo fondamentale per la comprensione della natura quantistica di queste particelle e dei meccanismi con cui decadono.

La sua esperienza si estese allo studio con nuovi rivelatori come le camere a bolle presso gli acceleratori presenti nei grandi laboratori internazionali come Berkeley, il CERN e l’ITEP di Mosca. Con una strategia molto mirata, nel 1958 la Baldo Ceolin espose delle emulsioni al fascio del Bevatrone di Berkeley scoprendo insieme con Derek Prowse l’iperone anti-Lambda, il primo rappresentante della famiglia delle antiparticelle strane (4).  In quegli anni l’ordine emerso dal caos nei primi anni Cinquanta stava organizzandosi in solide strutture che avrebbero contribuito al processo di costruzione di una teoria unificata delle particelle elementari e delle loro interazioni.

In un mondo di uomini

Nonostante la stima di cui godeva in Istituto per la sua serietà e per l’ottimo livello del suo lavoro di ricerca, Milla si scontrava con i pregiudizi dell’epoca, in un mondo ancora fortemente dominato da personalità maschili:

«Una volta, 5 o 6 anni dopo la laurea, Rostagni mi chiama e mi dice: “Sa, c’è un posto di assistente e toccherebbe a lei, ma lei è sposata, ha una figlia, è contenta… Lo diamo a Luciano Guerriero…”. Anche Guerriero era sposato e aveva due figli! Dallaporta mi ha ripetuto lo stesso discorso; non ho avuto il posto di  assistente. Ma non è che abbia sofferto molto, forse perché fin da ragazza non avevo lo spirito competitivo. Io mi divertivo a fare ciò che mi  piaceva, mi sentivo libera, ma mi sentivo sempre la seconda in famiglia; oramai ero sposata… poi è vero, avevo anche una figlia, Maria. Poco dopo tutti quelli più o meno miei coetanei vanno a fare la libera docenza… Rostagni mi chiama e dice: nella commissione di teorica c’è Dallaporta, nella comissione di Fisica generale ci sono io, penso che lei possa andare a fare Fisica superiore, tanto lei se la cava; e quindi io sono andata a fare Fisica superiore. La commissione era fatta da Persico, Occhialini e Lovera. Io stavo facendo i K e avevo avuto poco prima un po’ di battibecco con Occhialini, che era venuto una volta a Padova e arrivato davanti al mio studio disse: “Cerco Rostagni”. Io gli risposi: “Guardi, non c’e”. “E Dallaporta?”. “Non c’è”. “E Fry?” – Fry era il nostro coordinatore – “Non c’è”. E mi guarda… Finché alla fine io gli dico:“Forse lei voleva sapere qualcosa sui K?”. Comincia a farmi domande e io gli rispondo… Abbiamo cominciato alle nove di mattina e il suo treno per Milano partiva alle sei e mezzo della sera… “Mi accompagni…”. Lui aveva un rotolo di carta sotto il braccio, io ero in camice; siamo usciti… Continuava a dirmi: “Ma allora… perché … perché… perché?”. Finché, prima di salire sul treno, ha preso nota del mio punto di vista su questo rotolo di carta. Poi mi arriva una telefonata da Milano… È Occhialini che dice: “Ieri aveva ragione lei…”. Ringrazio e dico: “Grazie Connie”, chiamandolo con il nome della moglie, Connie Dilworth! Così quando alla libera docenza mi sono trovata Occhialini mi sono detta: “Oddio, l’ho chiamato Connie, gli ho dato torto su tutto… mi odierà…”. Alla fine lo incontro in corridoio e gli chiedo “Come è andata?” E lui mi dice: “Ma lei perché non fa il concorso a cattedra?” Torno a Padova pensando: “Effettivamente potrei anche farlo…”. Scrivo a Rostagni e a Dallaporta che erano in vacanza, ma nessuno ha risposto. Dallaporta dopo mi disse: “Come si permette… ci sono anche gli altri…”. Mentre Rostagni disse: “Va bene, mi informerò”. Poi l’ho fatto, c’era Dallaporta in  commissione, ma l’ho perso. C’erano tre concorsi quell’anno, il primo è andato male, poi c’era un altro concorso in cui c’erano in commissione Amaldi e Deaglio e l’abbiamo vinto io e la Garelli di Torino. Ma Rostagni, visto che non ero passata nel primo concorso, era così convinto che intanto aveva fatto bandire un concorso anche a Padova! Lui si batteva per una donna…tutta Padova sapeva che era stato bandito un concorso per me, ma io lo avevo già vinto, così il posto lo ebbe Marcello Cresti».

Nel 1963 Milla Baldo Ceolin divenne quindi professore ordinario, la prima donna in assoluto a ricoprire una cattedra nell’Università di Padova. Dal 1965 al 1968 diresse la sezione di Padova dell’INFN e negli anni Settanta diresse l’Istituto di fisica succedendo ad Antonio Rostagni, di cui era sempre stata valida collaboratrice negli anni della ricostruzione e nel successivo processo di sviluppo ed espansione della fisica padovana.

Neutrini a Venezia

Fin dalla fine degli anni Cinquanta Baldo Ceolin fu catturata da un interesse crescente per i neutrini. Lo sviluppo di  nuove tecniche di rivelazione  iniziava a rendere possibile una fisica del neutrino su larga scala, sia per le indagini sull’universo subnucleare, sia per le indagini astrofisiche. Milla fu la prima a proporre al CERN un esperimento sulle oscillazioni dei neutrini. Questo tipo di processo l’aveva affascinata fin quando si occupava della fisica dei K.

Il mutamento di identità dei neutrini da una specie all’altra è un fenomeno previsto fin dagli anni Cinquanta dal fisico Bruno Pontecorvo, che Milla ebbe modo di frequentare insieme a suo marito Carlo Ceolin. Una serie di esperimenti ha stabilito definitivamente alla fine degli anni Novanta la realtà di questo fenomeno il quale implica che il neutrino abbia una massa, seppure molto piccola. Questo aspetto non è previsto dalla teoria del Modello standard e quindi il neutrino è ancora oggi una particella chiave per l’esplorazione di una nuova fisica e per la comprensione delle insolite proprietà di  oggetti celesti come le pulsar e i buchi neri.

A partire dal  1988 Milla organizzò una serie di workshop dal titolo Neutrino Telescopes, un altro modo di guardare il cielo. Con la complicità del fascino inesauribile della città di Venezia, Milla seppe imprimere la sua eleganza e il suo stile su questi incontri indimenticabili, che hanno avuto un enorme ruolo nel dibattito scientifico internazionale attirando nella cornice degli storici palazzi veneziani  gli esperti mondiali della fisica di un settore affascinante che oggi appare tra i più promettenti per l’esplorazione di aspetti ancora profondamente misteriosi del nostro universo.

NOTE
(1) BALDO CEOLIN M., «The discret charm  of the nuclear emulsion era», Annual Review of Nuclear and Particle Science, 52, 2002, pp. 1-21.

(2) Il 10 novembre 2006, nel corso di uno dei miei incontri con Milla Baldo Ceolin, che avvenivano regolarmente durante i suoi soggiorni romani in occasione delle riunioni a cui partecipava come membro dell’Accademia dei Lincei, ho registrato alcuni suoi ricordi. Da questo racconto  autobiografico, della durata record di ben tre ore, ho estratto i frammenti qui riportati.

(3) Suo marito, Carlo Ceolin con cui si era fidanzata verso la fine degli anni  Quaranta, si era  indirizzato verso la fisica teorica.

(4) Questo lavoro è considerato un contributo chiave nella storia della fisica delle particelle, si veda  per esempio: web.ihep.su/dbserv/compas/contents.html.

Luisa Bonolis svolge ricerche sulla storia della fisica italiana del Novecento.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero Sapere di Febbraio 2012 con il titolo “La signora dei neutrini”. Ecco come abbonarsi alla rivista.

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