Sulla Stazione Spaziale Internazionale gli stessi batteri delle nostre case

stazione spaziale
(Credit: Nasa)
stazione spaziale
(Credit: Nasa)

A bordo della Stazione spaziale internazionale (ISS), il laboratorio scientifico che orbita attorno alla Terra a circa 400 chilometri di quota, si trovano gli stessi microbi che abitano le nostre case. Più o meno. A portare in orbita i batteri sarebbero gli stessi astronauti e le navette che riforniscono periodicamente la Stazione spaziale. Questo è il risultato che emerge da uno studio condotto da microbiologi dell’Università della California a Davis e pubblicato sulla rivista PeerJ.

Lo studio fa parte di un ampio progetto di citizen science noto come MERCCURI (Microbial Ecology Research Combining Citizen and University Researchers on ISS). I microbiologi hanno analizzato i campioni prelevati dagli astronauti da 15 differenti superfici all’interno della ISS (tra cui tastiere, microfoni, condotte per l’aria, ecc.) e sono arrivati ad identificare oltre dodicimila specie microbiche differenti. In seguito, i ricercatori hanno confrontato questi risultati con le popolazioni microbiche presenti all’interno delle nostre case, sulla base dei risultati del progetto “Wildlife of Our Homes”, e con quelle presenti nel corpo umano, sulla base dei dati del Progetto Microbioma Umano. Nel progetto “Wildlife of Our Homes” i volontari avevano prelevato dei tamponi da differenti superfici nelle loro case (tra cui taglieri da cucina, mensole all’interno del frigorifero, federe, sedile del water, schermo televisivo, maniglie, ecc) e ne erano state determinate le relative popolazioni microbiche. Il Progetto Microbioma Umano invece è volto ad identificare e caratterizzare i microrganismi presenti nel corpo umano ed il loro rapporto con lo stato di salute e malattia.

L’idea dei ricercatori era cercare di comprendere se ci fossero differenze tra le comunità microbiche dell’unico luogo abitato da uomini nello Sspazio e quelle presenti nelle nostre case. Il confronto con i dati del progetto Microbioma, inveceè stato fatto per cercare di valutare quale fosse il contributo umano alla vita microbica sulla stazione spaziale. (Spoiler: elevato)

Il primo risultato ottenuto dai ricercatori della UC Davis è che i microrganismi sulla ISS sono tipicamente associati all’essere umano e la proporzione di specie associate a patogeni umani è simile a quella sulla Terra. Niente di sorprendente: le uniche fonti di contaminazione microbica sono gli astronauti e le navette cargo per i rifornimenti periodici di merci, che però sono sottoposte a rigide procedure di pulizia. “Sulla Terra siamo circondati da migliaia di batteri innocui – ha spiegato David Coil, uno degli autori – e ora abbiamo dimostrato che la comunità microbica è simile. È quindi molto probabile- ha concluso- che lassù li abbiamo portati proprio noi”.

Più inatteso è stato il risultato dei confronti con le popolazioni microbiche delle nostre case e con i dati del Progetto Microbioma Umano. I microbi sulla stazione spaziale vivono in comunità molto diversificate, che, contrariamente a quanto si aspettavano i ricercatori, sono mediamente più simili a quelle che vivono nelle nostre case piuttosto che a quelle che si trovano nel nostro corpo. Questo è un risultato inaspettato se si tiene conto del fatto che certamente le fonti di contaminazione microbica delle nostre case sono più numerose ed importanti di quelle della stazione spaziale.

Ma perché è importante conoscere i microbi che vivono sulla stazione spaziale? Va detto che l’interesse per gli inquilini microbici delle navicelle spaziali risale a molto tempo prima del lancio della Stazione Spaziale Internazionale. I primi studi erano volti ad accertarsi che le superfici dei veicoli spaziali fossero prive di contaminanti microbici per evitare la panspermia involontaria, cioè la contaminazione involontaria di altri pianeti con microbi provenienti dalla Terra. Gli studi successivi sono stati fatti soprattutto per cercare di comprendere i possibili effetti dei microbi sulla salute degli astronauti durante prolungati soggiorni nello spazio. E senza dubbio – sostengono gli autori dello studio- gli studi di questo tipo sulla popolazione microbica dell’unico ambiente in cui gli uomini vivono e lavorano nello spazio assumeranno un’importanza sempre maggiore in vista dei piani di esplorazione spaziale da parte dell’uomo, come quello della NASA che promette di portarci su Marte entro il 2030.

Riferimenti: PeerJ

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