Il saggio di Stefano Mazzotti, zoologo che ha esplorato il mondo alla ricerca di nuove specie animali e vegetali, apre il nostro sguardo sulla straordinaria ricchezza della biodiversità nel nostro pianeta e su quanto poco ancora conosciamo del mondo dei viventi. Forse non è vero che, dal loro punto di vista, tante meravigliose creature aspettano di essere scoperte dalla specie umana, ma certo la conoscenza delle loro caratteristiche, dei loro modi di vivere, delle loro relazioni reciproche può evitare – almeno in parte – la distruzione dei loro ambienti e può renderne meno rischiosa la sopravvivenza.
La definizione di cosa sia una specie, spiega Mazzotti, è cambiata molto nel tempo, e anche oggi i criteri variano a seconda del tipo di approccio scelto. La morfologia non è sufficiente, i criteri di interfecondità non valgono per le specie che non si riproducono sessualmente, l’approccio evoluzionistico rileva anche differenze tra popolazioni e il trasferimento orizzontale di geni complica ancora di più le cose. Queste difficoltà non impediscono la ricerca, la scoperta, la descrizione e la catalogazione di molte nuove specie che saranno protocollate ufficialmente dalle Commissioni Internazionali preposte. I dati e le stime riportate da Mazzotti sono comunque sconcertanti: i calcoli degli entomologi valutano intorno a sette milioni il numero totale di specie conosciute, e a queste bisogna aggiungere quelle ancora sconosciute. Altre ricerche indicano che per i soli insetti tropicali, il numero potrebbe variare dai tre ai cinque milioni. Le stime della biodiversità servono anche a dare una idea della complessità delle reti alimentari e della struttura profonda degli ecosistemi. È importante notare però che il sistema di classificazione attualmente utilizzato corrisponde a una concezione della vita segmentata in gruppi discreti, mentre approcci diversi considerano la vita come un sistema interconnesso, come una immensa rete di differenziazioni in cui la specie non ha una identità rigidamente definita.
Conoscere la distribuzione delle specie, la numerosità, le loro origini e la loro diffusione aiuta a comprendere i processi evolutivi ed ecologici che hanno avuto luogo sul pianeta. La biogeografia mette in evidenza antiche vicinanze tra continenti ora lontani trascinati dalle placche tettoniche in movimento, si ricostruiscono genealogie, si scoprono gli endemismi e le particolari esigenze di specie rare.
Proprio alla ricerca (nonostante la scarsità dei finanziamenti) è dedicato il capitolo sulle bioesplorazioni, che descrive sia i programmi sviluppati nelle diverse parti del mondo sia le concrete attività degli esploratori nelle zone particolarmente ricche di biodiversità, a volte protette in Parchi Nazionali, a volte minacciate dalle attività umane. Papua Nuova Guinea e varie zone dell’Indonesia accolgono spedizioni naturalistiche che sono riuscite a individuare 1060 nuove specie, altre zone incontaminate si trovano in Malesia, India, Madagascar… ciascuna con la sua specificità ecologica e le sue singolarità.
Le foreste pluviali tropicali supportano almeno i due terzi della diversità della vita sul nostro pianeta, sostenute dalla notevole quantità di energia solare, dalla stabilità del clima e dalla superficie disponibile. In alcuni paesi queste foreste non sono state ancora alterate dalle attività umane, ma in altre zone la loro distruzione ha cambiato le condizioni di umidità indispensabili alla vita, e modificando il clima (anche per il riscaldamento globale) ha messo a rischio di estinzione molte specie animali e vegetali. Dovunque le esplorazioni portano alla conoscenza di nuove specie e alcuni endemismi sono stati trovati anche in Italia, come ad esempio, nel Parco d’Abruzzo, l’astragalo del Monte Ocre individuato e descritto in tempi recentissimi.
Le ricerche zoologiche non si limitano agli ambienti terrestri. Le profondità dei mari, ricche di specie adattate alle grandi pressioni, a una vita senza luce e a una alimentazione che dipende da quello che accade in superficie, rappresentano un ambiente ancora poco conosciuto ma non esente dall‘inquinamento antropogenico che, con la pesca indiscriminata, distrugge una gran varietà di forme viventi. Nelle acque termali sottomarine, a grandi profondità e a temperature elevatissime si sono forse sviluppate i primi organismi viventi chemiosintetici: anche qui nel 2005 è stata scoperta e descritta una nuova specie. Una ricca biodiversità è stata riscontrata perfino negli oceani polari, dai cui fondali sono stati prelevati campioni sconosciuti di spugne, vermi marini, crostacei e molluschi. I risultati degli studi ecologici suggeriscono che la maggior parte dei pesci marini discende da antenati di acqua dolce, ed è per questo che, nelle acque dolci, si trova un numero di specie assai superiore a quelle presenti nelle acque salate e salmastre.
Nell’ultimo capitolo, Mazzotti si interroga sul futuro del pianeta, sulla pazzia distruttiva che, secondo E.O. Wilson, i nostri discendenti non ci perdoneranno. Per questo è importante identificare le specie che sono in pericolo o si stanno estinguendo, e valutare statisticamente anche la perdita di quelle ancora sconosciute e che forse non conosceremo mai.
Le piante terrestri dominano ancora il pianeta, ma l’uomo e gli animali domestici superano in numero tutti i vertebrati messi insieme, tranne i pesci. Ancora, gli umani hanno ridotto drasticamente lo spazio a disposizione della natura selvaggia modificando più del 50% della sua superficie e sfruttandone intensivamente le risorse. Il saccheggio nelle profondità degli oceani, la deforestazione, la perdita o la frammentazione degli habitat naturali hanno conseguenze ormai irreversibili. L’omogeneizzazione degli ecosistemi, l’agricoltura intensiva, i pesticidi, la diffusione di specie aliene invasive introdotte accidentalmente o volontariamente riducono la biodiversità sulla terraferma; ma anche le acque dolci, salmastre o salate sono a rischio, dato il consistente declino di molte specie autoctone. A questo declino si contrappongono in Europa le attività di conservazione della biodiversità come Rete Natura, o l’istituzione di Zone speciali in cui vengono protette l’avifauna, la flora, e specie in pericolo. Questi progetti hanno impedito l’estinzione di decine di specie e, insieme alle iniziative che curano la riproduzione in cattività con la successiva reintroduzione, possono portare, conclude Mazzotti, alla salvezza della biodiversità e, in definitiva, alla nostra sopravvivenza.
Foto di Anne Nygård su Unsplash
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