Verso la diagnosi precoce del cancro con la biopsia liquida

In futuro potrebbe essere realizzabile la diagnosi precoce del cancro con una semplice analisi del sangue. Queste almeno sono le promesse e le mire della cosiddetta biopsia liquida, un esame non invasivo che, con un semplice prelievo ematico, potrebbe consentire la diagnosi dei tumori allo stadio iniziale. Questo obiettivo oggi appare più vicino grazie ad uno nuovo test, CancerSEEK, messo a punto da un gruppo di ricercatori guidati da Nickolas Papadopoulos della Università Johns Hopkins di Baltimora nel Maryland. Lo studio, al quale hanno partecipato anche i due ricercatori italiani, Cristian Tomasetti e Massimo Falconi, è stato pubblicato su Science.

Ogni giorno in Italia si scoprono circa 1000 nuovi casi di cancro: i dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) stimavano per il 2017 più 365000 nuove diagnosi di tumore. Tuttavia, negli ultimi anni, si è assistito a una riduzione della mortalità e a una migliore sopravvivenza grazie ad una maggiore efficacia delle terapie e alla maggiore diffusione di screening oncologici, che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale e di curarla prima della sua evoluzione in stadi più avanzati, con formazione di metastasi. Molto di più si potrebbe fare se si riuscisse ad anticipare ulteriormente i tempi della diagnosi grazie alle biopsie liquide, in grado di rivelare potenzialmente molto precocemente nel sangue le tracce rilasciate dai tumori. Questi esami possono andare alla ricerca nel sangue del materiale proteico e genetico rilasciato dal tumore: proteine tumorali, DNA tumorale circolante e i cosiddetti microRNA, frammenti di RNA tumorale fuoriusciti dalle cellule morenti, possono consentire in modo specifico ed affidabile di identificare con certezza la presenza di un tumore e addirittura di localizzarne l’origine. La difficoltà maggiore, dal punto di vista sperimentale, sta nella scelta della giusta combinazione dei marcatori da utilizzare.

Nickolas Papadopoulos ed il gruppo di ricercatori impegnati in questo studio, allo scopo di aumentare la sensibilità del test per la rilevazione di tumori primitivi solidi, hanno scelto di utilizzare una combinazione di marcatori genetici e di marcatori proteici, usati come indicatori della presenza di determinate forme tumorali. In particolare, il test si basa sulla valutazione contemporanea di otto biomarcatori proteici per determinati tipi di cancro e delle mutazioni genetiche presenti in sedici geni del DNA tumorale circolante. Il test risultava positivo nel caso in cui veniva rilevata la presenza di una o più mutazione in uno dei sedici geni o l’incremento di uno dei biomarcatori proteici.

CancerSEEK, questo il nome del test, è risultato in grado di identificare otto comuni tipi di tumore (ovaio, fegato, stomaco, pancreas, esofago, colon-retto, polmone e seno), ed anche di dare indicazioni sul tessuto di origine di questi tumori. Un grande passo avanti, visto che fino ad ora le biopsie liquide non erano in grado di svelare la sede di origine dei tumori diagnosticati. Per la validazione del test CancerSEEK, sono stati arruolati 1005 pazienti oncologici, a cui erano stati diagnosticati clinicamente tumori non metastatici di stadio compreso tra I e III di uno degli otto tipi investigati. Il gruppo di controllo era costituito da 812 individui sani, con nessuna storia pregressa di cancro, malattie autoimmuni o malattie renali croniche.

In generale, un test affidabile per la diagnosi precoce deve avere una specificità molto alta ed un buon livello di sensibilità. La sensibilità è la capacità di individuare il maggior numero possibile di persone effettivamente ammalate tra quelle sottoposte al test, ossia di dare il numero più basso possibile di falsi negativi. La specificità è la proprietà dell’esame di non diagnosticare erroneamente una malattia in chi non ce l’ha, ossia di dare il numero più basso possibile di falsi positivi.

La sensibilità del CancerSEEK varia, a seconda del tipo di cancro, dal 33% per il tumore al seno al 98% per il tumore all’ovaio. La sensibilità è maggiore del 69% per tumori epatici, gastrici, pancreatici ed esofagei, tutti difficili da rilevare precocemente. La sensibilità media era del 73% per tumori nello stadio II e del 78% per tumori nello stadio III, ma pari solo al 43% per lo stadio I. La sensibilità per lo stadio I è più alta (100 %) per il cancro del fegato e più bassa per il cancro esofageo (20 %). I risultati ottenuti, in termini di sensibilità, sono comunque tra i più promettenti finora raggiunti con esami di questo tipo.

Relativamente alla specificità, quella del test si assesta al 99% (su 812 controlli sani solo 7 hanno ottenuto un risultato positivo, con una probabilità di un falso positivo inferiore all’1%).  Inoltre il test è stato in grado di restringere a due possibili siti anatomici la sede di origine del tumore nell’83% dei pazienti. L’accuratezza della previsione variava con il tipo di tumore ed era maggiore per i tumori del colon retto e più bassa per i tumori polmonari. L’identificazione precoce del tessuto di origine del cancro è fondamentale per interventi terapeutici mirati, prima della sua evoluzione in stadi più avanzati. In genere un tumore nei suoi primi stadi è più semplice da trattare e si possono ottenere buoni risultati nella sua cura con interventi chirurgici o farmacologici non particolarmente invasivi, migliorando la qualità di vita dei pazienti e riducendo la mortalità.

I risultati ottenuti in questo studio sono molto promettenti, ma molta strada deve essere ancora fatta per arrivare ad un test che possa essere utilizzato come strumento per lo screening oncologico di routine. Uno dei limiti è rappresentato dal fatto che i biomarcatori proteici utilizzati indicano la presenza di danni tissutali e possono aumentare anche in presenza di malattie infiammatorie, come l’artrite; questo può portare ad un aumento della percentuale di falsi positivi in popolazioni non in salute come quelle dei volontari coinvolti in questo studio. Inoltre, CancerSEEK si è rivelato efficace in pazienti a cui era stato già diagnosticato clinicamente un carcinoma in fase premetastatica sulla base dei sintomi della malattia. Non è da escludersi il rischio che il test possa funzionare meno bene in pazienti con un tumore in una primissima fase di sviluppo, che non manifestano ancora sintomi (occorre notare che il test ha rilevato solo il 43% di tumori allo stadio I).

Secondo gli autori dello studio, CancerSEEK è ora pronto per essere testato come strumento di screening ed i prossimi passi consisteranno nella validazione di questo test su una popolazione più vasta. Il sistema sanitario Geisinger in Pennsylvania sta testando per esempio il CancerSEEK su volontarie di età compresa tra i 65 e i 75 anni che non hanno mai avuto un cancro; lo studio avrà una durata di 5 anni e coinvolgerà nel complesso cinquantamila donne che saranno sottoposte ad esami periodici del sangue. Nel caso in cui il test dovesse dare esito positivo per due volte di fila si passerà ad esami diagnostici di imaging tradizionali.

CancerSEEK è attualmente in fase di brevetto ed i ricercatori stimano un costo iniziale di 500 dollari per ciascun test, un prezzo paragonabile a quello di altri esami per la diagnosi precoce, come la colonscopia per il cancro del colon retto. Per rassicurare chi teme che indagini sempre più precoci e approfondite possano portare ad un eccesso di interventismo oltre che ansia e stress nei pazienti, gli autori sottolineano che questi test non intendono sostituirsi ai test tradizionali, ma possono essere strumenti diagnostici complementari, utili per identificare quei pazienti che hanno una maggiore probabilità di ammalarsi di tumore e fornire ai medici un quadro delle condizioni del paziente per decidere, caso per caso, le modalità di intervento.

Riferimenti: Science

1 commento

  1. Articolo importante, ben tradotto.Importante un seguito pratico circa il
    momento della disponibilta’per la popolazione generale.

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