Caccia alle balene, Seul ci ripensa

La decisione della Corea del Sud di voler rispolverare i vecchi arpioni, rimasti inutilizzati per 26 anni, per iniziare a uccidere balene a scopo scientifico, annunciata in chiusura dei lavori dell’ultima riunione della Commissione Baleniera (International Whaling Commission, IWC, a Panama il 6 luglio scorso), aveva sollevato non poche polemiche. Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda avevano contestato fortemente i piani di Seul. Ora il paese asiatico sembra averci ripensato, e dalla voce di Kang Joon-suk, rappresentante del Ministero per la pesca e l’agricoltura, ha fatto sapere che il governo potrebbe individuare metodi alternativi per studiare i cetacei senza ucciderli. Quali, ancora non si sa.

La notizia del ritorno in mare delle baleniere coreane, una settimana fa, aveva fatto il giro del mondo. Si trattava infatti di una delle tre novità che hanno caratterizzato l’ultima riunione della IWC. Una riguarda l’agenda degli appuntamenti: gli incontri avverranno d’ora in poi ogni due anni e non più annualmente come avveniva fino ad adesso.

L’altra interessa più da vicino la vita dei cetacei: la Groenlandia esce dal vertice senza le consuete quote di animali cacciabili riservate agli indigeni per il loro esclusivo sostentamento o per il mantenimento di antiche tradizioni culturali.

Dal 1986, anno in cui è entrato in vigore il divieto di cacciare le balene per scopi commerciali, le trattative sul tavolo della IWC ruotano necessariamente intorno alle uniche due prassi ancora consentite: la caccia per la sopravvivenza degli indigeni e la caccia a scopo scientifico. Con i paesi del blocco antibaleniero che tentano di mettere fine a entrambe.

Le poche decisioni che negli anni sono finite sui documenti ufficiali dei meeting hanno sempre riguardato questi due argomenti. Non si è mai trovato lo spazio per altro. Così le periodiche proposte di istituire una gigantesca area di protezione per le balene nell’Atlantico meridionale sono sempre cadute nel vuoto, lontane dal raggiungere la maggioranza dei ¾ necessaria per l’approvazione. Naufragata anche l’impopolare soluzione ideata dalla stessa Commissione nel 2010: legalizzare la caccia commerciale in quote stabilite per arginare le ambiziose mire del Giappone e della Norvegia (Legalizzare la caccia per il bene delle balene).

Così è accaduto anche quest’anno. Sulla decisione di lasciare la Groenlandia (Danimarca) a bocca asciutta potrebbe avere pesato l’inchiesta della Whale and dolphin conservation society (Wdcs) che ha trovato una grande quantità di carne là dove, in base alla moratoria del 1986, non avrebbe dovuto esserci: nei frigoriferi dei supermercati. Alla luce di quanto documentato dalla Ong ambientalista, la richiesta della Danimarca di raddoppiare la quota di cetacei cacciabili per la sussistenza degli Inuit diventa assai poco credibile. E così, puniti per non essersi accontentati di ciò che possedevano, i balenieri indigeni dovranno mettere gli arpioni a riposo fino alla fine dell’anno. A meno che il governo danese non abbia ripensamenti e decida di accontentarsi del compromesso proposto dalla IWC.

Diversamente, agli indigeni dell’Alaska (USA) e di Chukotka (Russia) sono state assegnate quote di caccia per altri sei anni.

Sul versante della caccia scientifica, la decisione della Corea del Sud di seguire il contestatissimo esempio del Giappone non era stata, come prevedibile, accolta con favore. La credibilità del Sol Levante sullo scopo scientifico delle battute di caccia in mare aperto era stata messa seriamente in dubbio già qualche tempo fa (Una proposta per il Sol Levante). Anche in questo caso la carne di balena servita ai ristoranti o in vendita nel reparto frigo dei supermercati aveva destato qualche sospetto sulla natura della “ricerca”. Forse l’annunciato dietrofront dei coreani si deve al timore di poter venire smascherati allo stesso modo. Staremo a vedere.

Crediti immagine a Michael Dawes /Flickr

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