Categorie: AmbienteSalute

Calcolate le conseguenze di Fukushima

Quante persone, in tutto il mondo, si ammaleranno di tumore nei prossimi 50 anni a causa dell’incidente nucleare di Fukushima, il peggiore dopo Chernobyl? L’incertezza è per forza di cose elevata, ma uno studio ha comunque cercato di dare una risposta a questa domanda, sfruttando un potente strumento matematico: un complesso modello atmosferico 3D di deposizione di inquinanti radioattivi al suolo, di esposizione per inalazione e ingestione attraverso cibi e acque contaminate. Il range dei valori stimati è davvero grande e dà un’idea di quanto sia ancora difficile definire il rischio per la salute di questi eventi: si va da 15 a 1.100 futuri decessi e da 24 a 1.800 casi di morbidità legati al cancro. I valori più probabili sono, rispettivamente, 130 e 180. Lo studio non è stato condotto da epidemiologi ma da due esperti in scienza dell’atmosfera, Mark Z. Jacobson e John Ten Hoeve – docente e ricercatore presso l’Università di Stanford – ed è infatti pubblicato su Energy and Environmental Science

Non sono certo i primi che tentano una stima, sebbene la loro sia la prima estesa a tutto il mondo. Non più di due mesi fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e la Commissione Scientifica delle Nazioni Unite per gli Effetti della Radiazione Atomica (Unscear) pubblicavano su Nature i primi risultati di due studi epidemiologici sugli impiegati presso Fukushima Daichii e sugli abitanti dell’area compresa in un raggio di 20 chilometri dall’incidente. I dati sono in linea con questi ultimi: per ora, mostrano che poche decine di giapponesi rischiano di sviluppare un tumore in seguito al disastro nucleare e che, in ogni caso, non si saprà mai con certezza se la causa sia davvero quella (le due ricerche saranno completate entro l’anno e discusse a Vienna, al meeting annuale dell’Unscear). 

Come riportano gli autori del nuovo studio, nel caso di Fukushima, la maggior parte degli inquinanti radioattivi si è riversata nell’oceano (81 per cento contro 19 per cento). A pochi giorni dalla tragedia, già si parlava di 11.500 litri di acqua altamente contaminata sversata in mare, che minacciavano la risorsa ittica. E in Italia, il Ministero della Salute aveva dichiarato di aver “disposto l’aumento dei controlli sui prodotti alimentari, soprattutto pesci, crostacei, caviale, soia, alghe, tè verde”. A maggio del 2011 avevano fatto scalpore i tonni che dal Giappone avevano raggiunto la California, e che mostravano livelli di isotopi radioattivi superiori alla media. 

Dopo sei mesi, la radioattività superava persino quella di Chernobyl. A un anno dal disastro, però, il quadro appariva già meno drammatico, almeno per la popolazione giapponese, se non per l’ambiente: l’esposizione alle radiazioni sembra essere stata minima, anche grazie ai venti che hanno giocato a favore, spirando verso il mare. Infatti, secondo le analisi della Fukushima Medical University, il 99,3 per cento delle 10mila persone residenti vicino alla centrale e sottoposte a screening avrebbe ricevuto meno di 10 millisieverts (mSv) di radioattività nei primi quattro mesi dopo l’incidente. 

Altri studi, invece, hanno stimato che, a causa delle piogge, in diverse aree si sarebbero depositati tra i 10 e i 600 kBq∕m 2 di cesio-137 (uno dei contaminanti più pericolosi) e che la combinazione tra l’esposizione acuta e quella a lungo termine potrebbe portare a migliaia di casi di tumore anche in Europa e in Asia. 

È normale, quando si ha a che fare con situazioni così complesse, che i dati siano contraddittori. Quelli di Jacobson e Ten Hoeve arrivano dal loro modello Gator-Gcmom, sviluppato in 20 anni di ricerche. Gli scienziati hanno simulato le emissioni, il trasporto, il decadimento, l’addensamento aerosol–aerosol e delle nubi, le precipitazioni, il dilavamento e la deposizione dei radionuclidi (iodio 131, cesio 137, cesio 134 e bario 137) a livello mondiale. 

Come era prevedibile, il maggior numero dei casi di tumori è stimato per il Giappone; conseguenze, molto meno gravi, ci saranno anche per l’Asia continentale e il Nord America. Per esempio, per gli Stati Uniti si stima un numero di decessi compreso tra 0 e 12. “Si tratta di numeri relativamente bassi, che potrebbero servire, in futuro, a gestire la reazione della popolazione in paesi diversi da quello colpito dall’incidente nucleare”, ha sottolineato Ten Hoeve. 

I numeri sono piccoli anche rispetto ai decessi causati dall’evacuazione stessa, che ha mietuto 600 vittime tra persone anziane o malate. Ma è impossibile generalizzare. Oltre al fatto che l’evacuazione è una misura di sicurezza fondamentale e obbligatoria, lo stesso tipo di incidente in un’area diversa potrebbe avere effetti molto più gravi. A incidere sembrano essere la posizione geografica – e in particolare la lontananza del mare – e i parametri meteorologici più che la densità della popolazione.

via wired.it

Credit immagine a Abode of Chaos/Flickr 

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

Articoli recenti

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

2 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

4 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

5 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

6 giorni fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

1 settimana fa

Fogli d’oro sottilissimi: arriva il goldene

Potrebbe essere usato in diverse applicazioni come catalizzatore per la conversione dell'anidride carbonica e la…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più