La carica dei 101, in provetta

Credit: Mike Carroll, Cornell University College of Veterinary Medicine

Sono solo sette e non 101, ma nella storia della scienza saranno comunque un cult. Ivy, Cannon, Beaker, Buddy, Nelly, Red e Green sono infatti i piccoli di una cucciolata di cani per ora decisamente unica, perché è la prima a essere stata ottenuta con la fecondazione in vitro (Fiv).

Le tecniche Fiv applicate ai cani avevano finora portato a fallimenti, a causa di alcune particolarità del sistema riproduttivo di questi animali. Ad essere finalmente riusciti nell’intento sono stati i ricercatori del Baker Institute for Animal Health della Cornell University (Usa): un risultato importante – spiegano gli autori nello studio su PloS One – che apre la strada alla possibilità di salvaguardare alcune specie di canidi in via d’estinzione, come il lupo etiope.

Il percorso che ha portato Jennifer Nagashima e il suo team al successo è stato tutt’altro che semplice: prima di tutto è necessario ottenere un embrione mediante la fecondazione in laboratorio di un ovulo maturo con uno spermatozoo. Successivamente, l’embrione deve essere impiantato nell’utero di una femmina nel momento giusto del suo ciclo riproduttivo, ovvero nel periodo dell’ovulazione. Tuttavia il sistema riproduttivo dei canidi è diverso da quello umano. I cani, infatti, ovulano una o due volte all’anno e producono ovociti immaturi – dunque difficili da fecondare – e scuri (a causa delle molecole di grasso al loro interno), il che rende difficile l’analisi mediante il microscopio.

Dopo una serie di tentativi, i ricercatori hanno scoperto che lasciando riposare più a lungo gli ovuli nell’ovidotto (l’equivalente delle Tube di Falloppio), questi maturavano correttamente. Il passo successivo è stato riuscire a simulare, mediante l’aggiunta di magnesio, il modo in cui il canale riproduttivo femminile prepara lo sperma per la fecondazione.

Una volta ottenuti, gli embrioni sono stati congelati, in modo da poter poi per essere trasferiti in una femmina di beagle (che ha avuto il ruolo di madre surrogata) non appena fosse entrata nella fase di ovulazione. Dal loro trasferimento sono nati sette cuccioli: due da madre beagle e padre cocker spaniel, e cinque da un’altra coppia di beagle.

Il gruppo di ricerca aveva in realtà già raggiunto un parziale successo nel 2013, quando era riuscito a far nascere Klondike, il primo cucciolo di cane ottenuto in Occidente mediante inseminazione artificiale e congelamento dell’embrione.  “Con questi accorgimenti – spiega Alex Travis, docente di biologia riproduttiva e tra i ricercatori che hanno preso parte allo studio – siamo oggi in grado di raggiungere un tasso di successi di fecondazione dell’80-90 per cento”.

Ma non è tutto. Secondo Travis, l’utilizzo della fecondazione in vitro e di una tecnologia di editing genetico nota come CRISPR/Cas, permetterà di intervenire su alcune malattie genetiche frequenti in certe razze (ad esempio il linfoma nei Golden Retriever). In questo modo, spiegano gli autori, sarà possibile sviluppare trattamenti mirati e test di screening genetici per rimuovere i geni difettosi. I nostri amici a quattro zampe potrebbero divenire, inoltre, un potente strumento per comprendere la base genetica di malattie umane, dal momento che condividiamo con loro circa 350 patologie ereditarie.

Riferimenti: PLoS ONE 10(12): e0143930. doi:10.1371/journal.pone.0143930

Credit: Mike Carroll, Cornell University College of Veterinary Medicine

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