Carne in provetta: possibile la produzione industriale?

Le potenzialità delle cellule staminali sembrano infinite, e continuano a stupire. Non solo questo tipo di cellule multipotenti possono essere usate per curare malattie e rigenerare organi e tessuti danneggiati, ma potrebbero anche essere usate per produrre “carne in vitro” a scopo alimentare. È quanto propongono Cor van der Weele e Johannes Tramper, della Wageningen University in Olanda, che in un articolo pubblicato su Trends in Biotechnology discutono le potenzialità, i vantaggi e i costi della produzione su larga scala della carne in provetta. E suggeriscono che, se il costo della carne di origine animale continuerà ad aumentare a causa della continua richiesta, produrre carne sintetica in laboratorio da cellulestaminali animali potrebbe diventare un’alternativa economicamente allettante, che ridurrebbe non solo l’uso di animali ma anche le emissioni di gas serra e i consumi energetici associati al loro allevamento.

“La richiesta di carne nel mondo è insostenibile sia dal punto di vista del consumo energetico sia dell’inquinamento ambientale oltre che per la sofferenza che causa agli animali da macello, e continuerà a crescere con l’aumento della popolazione” – spiega Cor van der Weele. “Nonostante l’aumento di terreni destinati all’allevamento, non sarà possibile far fronte alla continua domanda”. È per questo motivo che la carne prodotta in provetta potrebbe rappresentare una buona soluzione, che va ad aggiungersi a proposte come l’uso maggiore di prodotti vegetariani e il consumo di altre fonti di proteine, come gli insetti.

Che questa sia una cosa biologicamente possibile era già stato dimostrato circa un anno fa con il primo hamburger ottenuto in laboratorio. Quello che gli autori propongono, però, è un progetto su larga scala a costi sostenibili. Nel loro studio, infatti, descrivono le caratteristiche tecniche ed economiche che un impianto di produzione di carne sintetica dovrebbe avere per essere funzionale e competitivo su scala industriale.

Il primo passo consiste nella creazione di una banca di cellulestaminali prelevate da muscoli di bovini o altri animali, che possono essere coltivate in sospensione in bioreattori ad alimentazione continua simili a quelli attualmente usati per i processi di fermentazione industriale.

Queste cellule dovrebbero avere specifiche proprietà, tra cui la capacità di crescere velocemente, ossia duplicarsi nel giro di pochi giorni, ed essere geneticamentestabili per almeno 50 divisioni cellulari. Inoltre dovrebbero richiedere un terreno di coltura relativamente economico (circa 1 euro al litro), senza nessun elemento di origine animale, al fine di assicurare la consistenza della qualità del prodotto, e approvato per processi commerciali.

Le fasi successive di compattamento e concentrazione delle cellule per dare origine ad un prodotto con la consistenza della carne vera e propria sono più complesse e per ora teoriche. Una possibilità potrebbe essere quella di usare enzimi come le transglutaminasi, che catalizzano la formazione di legami tra le proteine permettendo la formazione di aggregati, che possono essere precipitati, recuperati e pressati fino a ottenere un pezzo di carne che può essere macinato e trasformato in hamburger.

Dal punto di vista della resa e dei costi, i ricercatori olandesi hanno calcolato che se si assume che ogni persona mangia circa 25-30 grammi di carne al giorno e si stima una popolazione di circa 10 miliardi di persone entro il 2050, sarebbe necessario produrre ben 1011kg (ossia 1000 miliardi di chili) di carne in provetta e questo nei reattori oggi disponibili richiederebbe circa un mese.

“È chiaro che il problema del costo di produzione rimane l’ostacolo più importante da superare, a cui va aggiunta la preoccupazione della innaturalità della carne prodotta in laboratorio” – commenta van der Weele. “Tuttavia i benefici economici e ambientali a lungo termine, soprattutto in vista dell’aumento della richiesta e quindi del costo della “carne normale”, non possono essere trascurati”.

Un’alternativa per ridurre i costi e abbattere la diffidenza della popolazione verso questa carne sintetica potrebbe essere quella di creare in ogni città centri di produzione su piccola scala per soddisfare i bisogni di quella specifica popolazione, che permetterebbero un maggiore controllo da parte degli utenti sia del processo di produzione sia degli animali donatori delle cellule staminali. “Tuttavia, un processo di questo tipo – conclude l’autrice – potrebbe diventare davvero competitivo solo quando il prezzo della carne di origine animale aumenterà in maniera considerevole”.

Riferimenti: Treands in Biotechnology DOI: http://dx.doi.org/10.1016/j.tibtech.2014.04.009

Credits immagine: Robert Couse-Baker/Flickr

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