C’è un geyser tra gli anelli

Passo dopo passo, l’analisi dei dati delle più recenti missioni spaziali aggiunge qualche tassello alla nostra conoscenza delle regioni più remote del Sistema Solare. Dopo gli incontri ravvicinati con Titano, il più grande dei satelliti di Saturno, sul numero di questa settimana di Science è il turno di Enceladus, una piccolissima (ha più o meno le dimensioni della Francia) e decisamente bizzarra luna che orbita attorno allo stesso pianeta, affogata tra le polveri dell’anello E, il più esterno tra quelli che circondano Saturno. Enceladus è stato raggiunto nel luglio del 2005 dalla missione Cassini-Huygens, che nel corso di tre passaggi ha raccolto abbastanza dati da meritare al piccolo satellite una intera sezione speciale su Science. Ben 9 paper (più due articoli di commento) uno dei quali, quello dedicato all’analisi chimica della superficie, riporta anche le firme di ricercatori italiani (dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario e dell’Istituto di Astrofisica Spaziale, entrambi di Roma). Diverse caratteristiche di Enceladus lo rendono particolarmente interessante per i planetologi: è solo il terzo oggetto conosciuto (dopo la Terra e Io, un satellite di Giove) ad avere una attività geologica sufficiente perché il suo calore interno sia rilevabile a distanza. “Possiamo spiegarci facilmente un’intensa attività geologica su un oggetto come Titano che ha quasi le dimensioni di un pianeta” scrive Jeffrey Kargel dell’Università dell’Arizona nell’articolo che introduce lo speciale di Science. “Ma come possa un oggetto così piccolo essere così dinamico è molto più enigmatico”. Nessun satellite così piccolo mostra infatti segni di attività geologica. In più, l’albedo di Enceladus, cioè il suo potere riflettente, è sorprendentemente alto, tanto da far pensare alla presenza di neve o ghiaccio sulla sua superficie. Infine, si è sempre sospettato che fosse proprio lui la fonte delle particelle che compongono l’anello E. L’obiettivo principale della missione era quindi raccogliere dati per fare ipotesi più fondate sulla sua attività interna, la sua superficie e le sue ‘emissioni’. La scoperta più importante è stata quella di un “hot spot”, una zona particolarmente attiva vicino al polo sud di Enceladus. Qui la superficie della piccola Luna è, sono parole dei ricercatori, “tigrata”, percorsa cioè da striature scure e chiare, e sembra disseminata di blocchi di ghiaccio delle dimensioni di una casa. Le zone più scure sono presumibilmente avvallamenti, e potrebbero essere, secondo l’analisi pubblicata su Science, punti da cui fuoriesce dal sottosuolo materiale più caldo, anche se sempre ghiacciato. Infatti, mentre il resto della superficie della luna è coperto da puro ghiaccio d’acqua, la regione “striata” a sud appare coperta da una miscela di materiali organici, anidride carbonica e ghiaccio d’acqua, il che suggerisce che sia continuamente rifornita da quello che fuoriesce a causa dall’attività geologica. L’aspetto più caratteristico di questa zona del piccolo satellite è comunque un getto di piccole particelle ghiacciate e polvere, una specie di geyser freddo. È questo materiale, ora appare chiaro, che sale fino a raggiungere l’atmosfera di Saturno e rifornisce così l’anello E. Non tutto però: una parte ricade sulla superficie di Enceladus nella forma di vera e propria neve fresca, imbiancando e rendendo così brillante la parte sud. Ma come può un oggetto così piccolo generare una intensa attività geologica? L’ipotesi dei ricercatori è che Enceladus sia interessato da un vero e proprio fenomeno di tettonica a placche, che insieme alle forze di marea causate dalla gravitazione potrebbe generare e intrappolare sotto la superficie calore a sufficienza per provocare questi fenomeni. Addirittura, suggerisce l’analisi complessiva dei dati, potrebbe darsi che sotto la crosta ghiacciata di Enceladus si nasconda un oceano, freddo certo, ma in linea di principio adatto a ospitare forme di vita. Ma questa è davvero, per il momento, pura speculazione.

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