Clima, la Lunga Estate dell’umanità

“La Lunga Estate” ci ricorda che il cambiamento climatico è inevitabile e imprevedibile, “un potente catalizzatore nella storia umana, un sasso lanciato in uno stagno le cui onde stimolarono nel nostro passato ogni tipo di cambiamento economico, politico e sociale”. Tracciando una storia climatica della civiltà umana, da circa 20.000 anni a oggi, l’antropologo Brian Fagan porta avanti l’ipotesi che la nostra civiltà sia il prodotto di scelte compiute dai nostri antenati per fronteggiare le variazioni climatiche e in particolare il surriscaldamento della Terra.

Fagan, con un occhio sempre attento agli eventi ambientali, ci racconta delle bande di cacciatori sub-artici, della creazione dei primi cicli mitici, della Mezzaluna Fertile, e dei cacciatori-raccoglitori che diventano agricoltori, fondano città, nazioni, imperi.Il clima per Fagan è una forza darwiniana che agisce sulle civiltà, operando a volte come una “pompa”, che aspira forme di vita in questa o quell’area, a volte come il motore di vasti “nastri trasportatori”, che ridistribuiscono le risorse sul pianeta. Gli esseri umani si adattarono, le società cambiarono davanti alle oscillazioni termiche, alle trasformazioni del suolo. I leader del passato, coloro che si trovarono a guidare piccole tribù, poterono reagire rapidamente a cambiamenti ambientali di piccola scala: così, per esempio, i pastori nomadi seguirono le migrazioni delle mandrie lungo i fiumi in tempo di carestia, mentre i più potenti faraoni prosperarono perché attuarono politiche pragmatiche, che seppero coinvolgere la loro popolazione per creare piccole oasi organizzate.

Al contrario, in tempi moderni, regna la sovrappopolazione e la crescita incontrollata delle megalopoli, l’umanità si appesantisce, si immobilizza e diventa inesorabilmente più suscettibile ai grandi cataclismi naturali. L’uomo odierno si rifugia negli agglomerati urbani, si omologa, perde la capacità di interpretare i segnali ambientali e di adeguarvisi. La “Lunga estate” racconta della relazione tra clima e l’evoluzione, come risultanza di un’intricata rete di fattori intimamente legati, da non sottovalutare se si hanno a cuore le fragili sorti del nostro futuro. Dovremmo “tenere i nostri cieli puliti da eccessive quantità di gas serra”, adattarci e studiare i fenomeni climatici così come i popoli della Mesopotamia, di 5000 anni fa, si adattarono alle variazioni di flusso del fiume Eufrate.

Il tema non è nuovo, ma è sempre attuale parlarne. Brian Fagan, docente di Antropologia all’Università della California formatosi a Cambridge, amplia, con questo testo sulla storia dell’intera umanità, la sua ricostruzione del clima europeo durante la piccola era glaciale (La rivoluzione del clima, Sperling & Kupfer, Milano, 2001). Sulla scia della logica stringente di “Armi, acciaio e malattie” di Jared Diamond (Einaudi, 1998), quella di Fagan è una narrazione non priva di fascino e interessanti punti di vista, ben documentata sulla base di una ampia bibliografia, ma a tratti resa stanca dalla ripetizione di scenari solo immaginati e da imprecisioni nella traduzione.

Il libro

Brian Fagan
La lunga estate. Come le dinamiche climatiche hanno influenzato la civilizzazione
Codice Edizioni, 2005
pp. XXII-301, euro 29,00

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