Oggi le batterie sono ovunque, contenute negli smartphone, nei laptop, nelle automobili, nei giocattoli e in una moltitudine di altri dispositivi che utilizziamo ogni giorno. E se da un lato ci permettono di sfruttare la tecnologia anche lontani da prese e alimentatori, una volta completato il loro ciclo vitale si trasformano però in rifiuti potenzialmente dannosi per l’ambiente e costosi da smaltire. Ma una nuova scoperta però potrebbe rivoluzionare la situazione, trasformando alcune specie di funghi in un sistema di riciclaggio a impatto zero in grado di estrarre metalli preziosi, e inquinanti, dalle batterie, in modo naturale.
I funghi in questione sono tre specie di muffe piuttosto comuni: l’Aspergillus niger, il Penicillium simplicissimum e il Penicillium chrysogenum. “Le abbiamo scelte perché si erano già dimostrate efficaci nell’estrarre metalli da altri tipi di rifiuti”, racconta Jeffrey Cunningham, ricercatore della University of South Florida che ha presentato la scoperta nel corso del 252esimo congresso dell’American Chemical Society. “Abbiamo pensato che il meccanismo di estrazione dovesse risultare simile, e che quindi questi funghi potessero essere in grado di estrarre litio e cobalto anche dalle batterie scariche”.
Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno smantellato alcune batterie ed esposto poi i catodi polverizzati all’azione dei tre funghi. E i risultati dell’esperimento gli hanno dato ragione: gli acidi generati dalle muffe hanno permesso di estrarre circa l’85% del litio e il 48% del cobalto contenuto nelle batterie.
Per ora, i successi dei ricercatori si fermano qui: il processo attualmente non permette ancora diseparare i metalli dagli acidi in cui sono disciolti al termine del processo, e l’efficacia, per quanto elevata, non è ancora quella richiesta. “Abbiamo alcune idee riguardo a come rimuovere litio e cobalto dagli acidi, ma in questo momento rimangono ancora solamente idee”, ammette Cunningham, che con il suo team di ricerca sta sperimentando ora nuove specie di muffe e differenti ambienti in cui effettuare il processo di estrazione, per cercarne di migliorarne l’efficacia. In ogni modo, rivendica il ricercatore, la parte più importante del lavoro è ormai alle spalle: “Il grande passo avanti era comprendere se fosse possibile l’estrazione iniziale dei metalli utilizzando i funghi”.
via Wired.it
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