Salute

Covid-19: dopo la guarigione il virus è ancora pericoloso?

Nel mondo sono ormai milioni le persone che guariscono dall’infezione da Covid-19, e tuttavia ancora non è ancora chiaro se e in che modo il virus possa rimanere “nascosto” nel loro corpo dopo la guarigione. Se così fosse, molti si chiedono, potrebbe essere questo il motivo di alcuni sintomi che persistono anche molto tempo dopo la fase acuta della Covid-19? E i soggetti dichiarati guariti possono essere ancora contagiosi?

Sono ricercatore medico alla University of Virginia, dove mi occupo di pazienti con malattie infettive e studio la Covid-19: ecco cosa sappiamo della persistenza o cronicizzazione di Covid-19.

Cos’è un’infezione virale cronica o persistente

Un’infezione virale cronica o persistente si protrae per mesi o persino anni, periodo durante il quale il virus è continuamente prodotto, sebbene in molti casi in piccole quantità. Spesso queste infezioni avvengono nei cosiddetti siti di “privilegio immunitario“, meno accessibili al sistema immunitario, e per questo sono difficili da eradicare. Tra questi siti ci sono il sistema nervoso centrale, i testicoli e gli occhi.


Long Covid-19, i sintomi che possono durare per mesi


Da un punto di vista evolutivo, si ritiene che il vantaggio del privilegio immunitario sia, per esempio, di permettere al cervello di non essere danneggiato dall’infiammazione provocata dal sistema immunitario per combattere una infezione. Un sito di privilegio immunitario non solo è pressoché inaccessibile al sistema immunitario ma limita anche le proteine che aumentano l’infezione. L’infiammazione, infatti, aiuta ad uccidere i patogeni ma può anche danneggiare l’organo che li ospita, per esempio gli occhi, il cervello o i testicoli. Da ciò deriva questo particolare status, che limita l’infiammazione ma consente all’infezione di progredire.

Quando l’infezione virale è latente

C’è anche un altro modo in cui un virus può nascondersi nel corpo e poi riemergere successivamente: l’infezione virale latente, che si verifica quando il virus è presente all’interno di una cellula infettata ma è dormiente e non si moltiplica. Alcuni virus si integrano nel genoma umano – come fa l’Hiv, per esempio – altri restano nel nucleo della cellula come un pezzo di Dna autoreplicante, il cosiddetto episoma.

In stato di latenza il virus conserva l’intero genoma virale in modo che, se la latenza finisce, può produrre virus infettivi e riattivare l’infezione. Caso emblematico è la varicella che, apparentemente eradicata dal sistema immunitario, si può riattivare e causare l’herpes zoster anche dopo mesi o decenni. Fortunatamente, oggi la varicella e l’herpes zoster si possono prevenire con un vaccino. Infettarsi con un virus capace di produrre infezioni latenti significa infatti avere l’infezione per tutta la vita.

Gli Herpesvirus come il varicella-zoster virus sono i più comuni responsabili di infezioni virali latenti. Si tratta di una grande famiglia di virus a Dna (il cui codice genetico, o genoma, è fatto di Dna e non di Rna come il nuovo coronavirus della Covid-19) che include l’Herpes simplex 1 e 2 – causa dell’herpes labiale e genitale, e altri herpesvirus, come l’Epstein Barr, causa di mononucleosi, e il Citomegalovirus (CMV), problematico negli individui immunodepressi, che possono riemergere dallo stato di latenza.

I Retrovirus sono un’altra famiglia di virus comuni in grado di mettersi in latenza, ma con un meccanismo diverso rispetto agli Herpesvirus. Retrovirus come l’Hiv – causa dell’Aids – possono inserire una copia del proprio genoma nel Dna umano. In questo modo possono restare in latenza “a tempo indeterminato”, poiché il genoma virale viene copiato ad ogni replicazione del Dna e divisione cellulare dell’organismo.

I virus che diventano latenti negli esseri umani sono difficili o impossibili da eradicare per il sistema immunitario. Durante la latenza, infatti, nelle cellule la produzione di proteine virali può essere minima o del tutto assente, rendendo l’infezione invisibile per il sistema immunitario.

Il nuovo coronavirus si trasmette con lo sperma?

Fortunatamente, i coronavirus non sono in grado di stabilire una infezione latente. Tuttavia, in questa pandemia ancora molte importanti domande sono senza risposta.

In uno studio su un numero limitato di casi, per esempio, il nuovo coronavirus è stato rilevato nello sperma di un quarto dei pazienti con l’infezione in corso e in circa il 10% di quelli apparentemente guariti. Le analisi hanno individuato Rna virale, tuttavia, non si è potuto stabilire se proveniente da virus morti o ancora infettivi e, nel caso, trasmissibili per via sessuale.

Tuttavia, anche se molto diverso da Sars-CoV-2, Ebola è un buon esempio di cosa significhi persistenza virale nei siti di privilegio immunitario. In un certo numero di persone, infatti, il virus per mane – in testicoli, occhi, placenta e sistema nervoso centrale – per mesi dopo la risoluzione della fase acuta della malattia. Tant’è che l’Oms raccomanda ai maschi sopravvissuti a Ebola di fare il test sullo sperma ogni tre mesi e alle coppie di astenersi dall’avere rapporti per 6-12 mesi dopo la guarigione o fino al secondo test negativo consecutivo.

In conclusione, cosa sappiamo?

Nel corpo il nuovo coronavirus è stato rilevato anche in altri siti, come placenta, intestino, sangue e, ovviamente, il tratto respiratorio. Nelle donne incinte che contraggono Covid-19 sono stati riscontrati difetti nei vasi sanguigni che alimentano la placenta, ma le eventuali conseguenze sul feto sono sconosciute, mentre è noto che Sars-CoV-2 può anche infettare il feto attraverso la placenta. Infine, il nuovo coronavirus è presente nel sangue e nel naso e sul palato fino a un mese o più dopo l’infezione.

Per molte persone colpite dal nuovo coronavirus la guarigione è un percorso lungo e talvolta incompleto, con sintomi che includono tosse, fiato corto e affaticamento. Ma è improbabile che questi sintomi costituzionali, non essendo collegati ai siti di privilegio immunitario, siano dovuti alla persistenza virale.


Covid-19, come stanno le persone guarite dal coronavirus?


Un crescente numero di dati indica quindi che Sars-CoV-2 può infettare i siti di privilegio immunitario e, da qui, causare una infezione cronica, ma non può diventare latente. Tuttavia, è troppo presto per sapere in che misura tale infezione persistente possa influire sulla salute, per esempio, di una donna incinta, né – e arriviamo alla seconda domanda iniziale – se possa contribuire alla diffusione di Covid-19. Ma come tante cose in questa pandemia, quello che non sappiamo oggi potremmo saperlo domani: tenetevi informati e adottate tutte le cautele per non ammalarvi e non diffondere il contagio.

Fonte: The Conversation. Traduzione a cura della redazione di Galileo.

William Petri

William Petri, infettivologo, University of Virginia

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