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Cosa ha determinato la scomparsa dei mammut?

I Mammut scomparvero circa 10.000 anni fa, alla fine dell’ultima era glaciale; solo una piccola parte di popolazione sopravvisse nell’isola di Wrengel, in Siberia, per poi estinguersi definitivamente ai tempi dei faraoni. Il dibattito su chi sia stato il responsabile di questa sparizione è tuttora vivo: una parte degli studiosi punta il dito verso i cambiamenti climatici, e verso il rapido innalzamento delle temperature che mutò l’ecosistema della Terra; mentre un’altra attribuisce questa responsabilità all’essere umano, e alla caccia sfrenata che diede a questi animali.

Un articolo pubblicato su Science a luglio di quest’anno, per esempio, sembra trovare una correlazione tra le ondate di caldo preistoriche e l’estinzione della megafauna: non solo mammut, ma anche rinoceronti lanosi, tigri dai denti a sciabola e bradipi giganti sembrano essere scomparsi proprio in concomitanza con i rapidi innalzamenti delle temperature avvenuti 10.000 anni fa.

Un nuovo approccio al problema, invece, è stato recentemente suggerito dal dottorando Michael Cherney e dal suo advisor Dan Fisher, direttore del Museo di Paleontologia dell’Università del Michigan. I due ricercatori sono partiti da un’osservazione: nei cugini più prossimi dei mammut, gli elefanti, lo stress nutrizionale dovuto al cambiamento climatico porta in genere ad allungare i tempi di allattamento; la pressione della caccia, invece, porta gli animali a diventare adulti precocemente, e a anticipare il periodo dello svezzamento.

Ebbene, l’informazione sul periodo di allattamento sono indelebilmente impresse nelle zanne fossili: quando si passa dal latte a una dieta più ricca, il rapporto tra gli isotopi di azoto-14 e azoto-15 cala fortemente; studiando la chimica gli anelli di accrescimento delle zanne (che presentano anelli su base annuale, un po’ come avviene per i tronchi degli alberi) è quindi possibile capire quando i cuccioli di mammut hanno smesso di nutrirsi del latte materno.

Analizzando le 15 zanne di giovani mammut lanosi (Mammuthus primigenius), Cherney e Fisher hanno scoperto che in un arco di 30000 anni il periodo di svezzamento è passato da 8 a 5 anni: un indizio, questo, che sembra puntare il dito verso la caccia, come indiziato principale dell’estinzione dei Mammuth.

Michael Cherney, che pochi giorni fa ha presentato le sue conclusioni a Dallas, in un incontro della Società di Paleontologia dei Vertebrati, ha ammesso che questa ricerca non dirime completamente la questione: “Queste scoperte non metteranno fine al dibattito, ma speriamo che dimostrino la possibilità di un nuovo approccio per risolvere il mistero”. Non è detto, comunque, che l’ipotesi della caccia e quella del cambiamento climatico siano così in contrasto: la fine della glaciazione portò ingenti popolazioni, dedite per lo più alla caccia e alla raccolta di cibo, a migrare verso nuovi territori; e i mammut potrebbero averne fatto le spese.

Riferimenti e credits immagine: Università del Michigan

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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