Categorie: Società

Cosa significa farsi troppi selfie?

Quello del capitano della Roma di qualche giorno fa ha spopolato sui social network (in versione originale e con le innumerevoli parodie), diventando uno dei selfie più famosi del web. Ma, lasciando l’esultanza di Totti da parte, cosa potrebbe significare cedere molto spesso alla voglia di autofotografarsi?

I ricercatori della Ohio State University hanno cercato di capirlo esaminando il comportamento di un campione di 1000 uomini, di età compresa tra 18-40 anni, scoprendo che chi posta regolarmente immagini di se stesso attraverso i social network è più propenso ad avere punteggi alti nei test volti a misurare narcisismo e, addirittura, psicopatia. “Non è sorprendente che uomini che hanno postato molti selfie siano più narcisisti, ma questa è la prima volta che è stato confermato in uno studio”, ha detto Jesse Fox, autrice principale della ricerca, pubblicata su Personality and Individual Differences.

I risultati sono stati ottenuti interpretando due questionari online. Nel primo è stato chiesto quanto tempo i partecipanti hanno trascorso ogni giorno sui social media, quanti autoscatti hanno pubblicato e quanto spesso hanno modificato le loro foto. Nel secondo, invece, sono state sottoposte domande volte ad analizzare tratti della personalità quali i comportamenti anti-sociali e l’auto-oggettivazione (ovvero considerare se stessi come un oggetto del desiderio).

I risultati hanno portato alla conclusione che tratti narcisistici e psicopatici sono più evidenti (sopra la media, precisano i ricercatori, ribadendo che non si parli strettamenti di naricisisti o psicopatici ma solo di tratti) negli uomini per così dire selfie-dipendenti, mentre l’auto-oggettivazione è una caratteristica degli uomini che più frequentemente modificano le loro foto. Commentando i risultati Fox ha detto in proposito: “Questo ha un senso perché la psicopatia è caratterizzata dall’impulsività. Scattano le foto e le vogliono mettere subito online. Vogliono vedere se stessi. Non vogliono sprecare tempo nella modifica”.

Nello studio non sono state prese in considerazione le donne, ma il team di ricerca sta attualmente conducendo un lavoro che suggerisce come gli stessi risultati siano applicabili anche alla sfera femminile.

Riferimenti: Personality and Individual Differences doi:10.1016/j.paid.2014.12.017

Credits immagine: Michael Kreibohm/Flickr CC

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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