NON esistono terapie in grado di guarire dalla malattia. E non esistono neanche ancora sistemi validati che permettano di riconoscere la patologia prima che si presenti con i suoi effetti devastanti: vuoti di memoria, sbalzi di umore, difficoltà a parlare, a mettere insieme posti e luoghi nella propria mente. Assenze, e bisogni, che fanno della ricerca sull’Alzheimer uno dei campi più vivi del panorama medico, che avanza anche ai passi compiuti in ambito preclinico. Proprio in questo campo, nei giorni scorsi, è arrivata la notizia che un gruppo di ricercatori d’Oltralpe ha messo a punto un nuovo modello animale di malattia, capace di mimare l’andamento dell’Alzheimer in modo simile a quanto osservato negli esseri umani. La scoperta, che apre la strada a nuovi possibili sistemi diagnostici della malattia così come nuove possibilità di test per i farmaci, è stata presentata sulle pagine di Cerebral Cortex.
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