Demenze, un test dell’olfatto per la diagnosi precoce

Per una malattia come l’Alzheimer, che nel 2050 conterà circa 70 milioni di malati, trovare fattori di rischio, possibili indizi che fanno in capire in anticipo se una persona potrebbe sviluppare la patologia, è importante quanto sviluppare terapie per il suo trattamento. E prevenire è meglio che curare: una volta che questi fattori sono stati individuati, potrebbero servire per cambiare stili di vita, ma anche per essere presi di mira con medicinali specifici e portare a una diagnosi precoce, che offre più opzioni dal punto di vista del trattamento.

Ma diagnosticare una malattia precocemente vuol dire riuscire ad individuarne efficacemente tutti i fattori di rischio, e questo non sempre è facile o possibile: non esiste infatti un solo test che può essere utilizzato per mostrare la presenza dell’Alzheimer, e alcuni dei metodi utilizzati, come ad esempio le risonanze magnetiche, possono essere molto costosi.

Per cercare di risolvere questo problema, un team di scienziati della University of Chicago ha studiato un possibile test per determinare la presenza della malattia utilizzando il senso dell’olfatto: già in passato in fatti è emerso un collegamento tra l’insorgere della patologia e l’incapacità di percepire alcuni odori, a causa della presenza delle fibre di una specifica proteina, tipica dell’Alzheimer, che possono trovarsi nell’apparato olfattivo dei pazienti.

Durante la ricerca, durata oltre 5 anni e pubblicata sul Journal of the American Geriatics Society, i ricercatori hanno studiato oltre 3mila partecipanti di entrambi i sessi e di età comprese tra i 57 e gli 85 anni. Ai pazienti era chiesto di annusare cinque diversi odori: menta, pesce, arancia, rose e pelle. Dopo cinque anni, i pazienti che non erano riusciti a percepire nemmeno uno degli odori soffrivano tutti di demenze degenerative, così come l’80% dei partecipanti che erano riusciti ad annusare solo uno o due odori.

Secondo gli autori, riferisce il Newsweek, questo è un risultato importante: in particolare, si tratterebbe di uno dei segnali con cui il sistema nervoso centrale cerca di farci capire che c’è qualcosa che non va. I ricercatori sottolineano tuttavia che ulteriori studi, condotti su un campione più vario, sono necessari per iniziare a sviluppare un potenziale test per la diagnosi della patologia.

Riferimenti: Journal of the American Geriatics Society

Claudia De Luca

Dopo la laurea triennale in Fisica e Astrofisica alla Sapienza capisce che la vita da ricercatrice non fa per lei e decide di frequentare il Master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza all'Università di Ferrara, per imparare a conciliare il suo amore per la scienza e la sua passione per la scrittura.

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