Dislessia: la stimolazione cerebrale aiuta la lettura

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(Bambino Gesù) – Nuova frontiera per il trattamento della dislessia. Attraverso la stimolazione cerebrale non invasiva è possibile migliorare le capacità di lettura dei bambini in tempi molto ridotti. La tecnica è stata sperimentata dai ricercatori di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con il Laboratorio di Stimolazione Cerebrale della Fondazione Santa Lucia. E’ la prima volta che si tenta questa strada per i pazienti affetti da questo disturbo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Restorative, Neurology and Neuroscience.

La dislessia e le terapie tradizionali

La dislessia è un disturbo di natura multifattoriale (genetica, biologica, ambientale) che porta a una difficoltà nella lettura. In Italia colpisce circa il 3% dei bambini in età scolare con ripercussioni sull’apprendimento, sulla sfera sociale e psicologica. Nei bambini dislessici è stata rilevata la presenza di aree del cervello ipoattive o dal livello di attivazione alterato. Gli studi più recenti hanno dimostrato che il miglioramento della lettura a seguito della terapia è collegato alla modificazione dell’attività cerebrale, ma sono ancora limitate le evidenze scientifiche su quale sia il metodo più efficace per migliorare le abilità di lettura.

Come funziona la stimolazione cerebrale non invasiva

Per condurre lo studio è stata utilizzata la tecnica di Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta (tDCS), procedura non invasiva con passaggio di corrente a basso voltaggio (pari – per esempio – a quello necessario ad alimentare il monitor di un pc) già impiegata per la terapia di alcuni disturbi come l’epilessia focale o la depressione.

Per la prima volta è stata utilizzata dai ricercatori del Bambino Gesù, sotto la supervisione della dott.ssa Deny Menghini, con bambini e adolescenti dislessici per documentarne l’efficacia sulle difficoltà di lettura in età evolutiva. I risultati hanno evidenziato che la tDCS è un trattamento sicuro che, variando l’attività neurale di circuiti cerebrali alterati nelle persone dislessiche, consente un miglioramento delle abilità di lettura. La stimolazione, completamente indolore, viene fornita da un dispositivo portatile, alimentato da pile, in grado di erogare una corrente continua ad intensità molto bassa, 1 milliampere. Il trattamento è completamente indolore

Alla ricerca hanno partecipato 19 bambini e adolescenti dislessici di età compresa tra i 10 e i 17 anni, attribuiti casualmente a due gruppi: uno destinato al trattamento attivo, l’altro al trattamento placebo (con il dispositivo spento). Durante la terapia di stimolazione i partecipanti di entrambi i gruppi hanno eseguito contemporaneamente attività volte a favorire la correttezza e la velocità di lettura, simili a quelle che svolgono durante il trattamento logopedico.

Ciascun partecipante è stato sottoposto ad incontri di 20 minuti, 3 volte alla settimana, per 6 settimane, per un totale di 18 incontri. La sperimentazione è stata condotta in “doppio cieco”: né i bambini né i ricercatori dedicati alla valutazione dei risultati erano a conoscenza di chi fosse stato sottoposto al trattamento attivo o placebo (la stimolazione attiva, infatti, non è percepibile per chi la riceve).

I risultati dello studio: “Una nuova frontiera per la cura della dislessia”

In 6 settimane di trattamento, i bambini sottoposti alla procedura attiva hanno migliorato del 60% la velocità e l’accuratezza in alcune prove di lettura, passando da 0,5 a 0,8 sillabe lette al secondo. 0,3 sillabe di miglioramento al secondo è quanto un bambino dislessico ottiene spontaneamente (ovvero senza terapia) nell’arco di un intero anno. Le competenze acquisite si sono dimostrate stabili anche dopo un mese dall’ultima seduta e ulteriori valutazioni verranno effettuate a 6 mesi dalla fine trattamento per verificarne l’efficacia a lungo termine. Viceversa, i bambini e i ragazzi sottoposti al trattamento placebo non hanno mostrato un miglioramento significativo (incremento di circa 0,04 sillabe al secondo).

«Si tratta di uno studio preliminare i cui dati attendono di essere supportati da indagini su casistiche ancora più ampie, ma i risultati ottenuti in questa prima fase sono di grande importanza dal punto di vista clinico» sottolinea Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù. «La stimolazione cerebrale non invasiva è infatti una tecnica sicura che può portare a benefici documentati sull’efficacia e l’efficienza del trattamento in un arco di tempo molto più breve rispetto alla terapia tradizionale. Questa ricerca può quindi aprire la strada a nuove prospettive di riabilitazione della dislessia, con una sostanziale riduzione dei tempi, dei costi della terapia e del disagio per le famiglie nel dover sostenere lunghi percorsi di cura e di ridotta efficacia documentata. Va sottolineato che la tDCS non vuole sostituirsi, ma integrare la terapia logopedica tradizionale, tanto che i nostri risultati dimostrano la sua particolare efficacia in combinazione con la terapia tradizionale».

«I risultati ottenuti dalle sperimentazioni del gruppo del prof. Vicari confermano quanto evidenziato anche dalle nostre ricerche» aggiunge Giacomo Stella, fondatore dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) e professore ordinario di Psicologia Clinica all’Università di Modena e Reggio. «Alcuni dislessici presentano in alcune aree della corteccia una bassa connettività neuronale, anche a riposo, come se fosse un motore mal carburato che gira male al minimo e che non risponde quindi con la dovuta prontezza alle sollecitazioni quando c’è bisogno di accelerare (in questo caso alla richiesta di attività posta dalla lettura). La tDCS interviene proprio su questo meccanismo inefficiente e quindi può essere molto utile al recupero. Naturalmente è importante ricordare che, come ogni terapia, non va applicata a tutti e che vanno ancora studiati bene gli effetti a distanza».

Riferimenti: Evidence for reading improvement following tDCS treatment in children and adolescents with Dyslexia; Floriana Costanzo, Cristiana Varuzza, Serena Rossi, Stefano Sdoia, Pamela Varvara, Massimiliano Oliveri, Koch Giacomo, Stefano Vicari, Deny Menghini; Restorative Neurology and Neuroscience

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