Tra soli 14 anni probabilmente non potremo più sciare sulle Dolomiti. È una delle conclusioni del report “Stato dei servizi climatici 2022” della World Meteorological Organization (WMO), dedicato quest’anno all’energia e all’impatto del cambiamento climatico su fattori come l’approvvigionamento di carburante, la produzione e la domanda di energia e la resilienza fisica delle infrastrutture energetiche. E ci sono alcune regioni in Italia, come le Dolomiti appunto, che potrebbero pagare più caro di altre gli effetti del cambiamento climatico.
Industria e turismo nelle Dolomiti
Per l’Italia, è stato effettuato uno stress test in Provincia di Belluno da Venice International University, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), Università Ca’ Foscari e Fondazione Enel. Attraverso il metodo SERRA (Socio-Economic Regional Risk Assessment), l’analisi ha riguardato non solo il clima, ma anche i rischi per il settore socio-economico, con dati utili per le scelte di investimento sui settori trainanti: turismo, sport invernali, occhialeria e fornitura di energia elettrica.
Purtroppo – e senza sopresa – le previsioni sono negative. È stato infatti rilevato un aumento fino al 6,2% del rischio climatico diretto, per effetti come l’innalzamento della temperatura (già 2 gradi in più nella regione Alpina negli ultimi 120 anni). Stimato oltre il 10% il rischio climatico indiretto per ‘eventi di neve bagnata’ nel periodo 2036-2065, ovvero tutto ciò che è legato alla presenza di neve, sempre più scarsa e bagnata a causa delle temperature elevate.
In particolare, alcune aree appaiono particolarmente sensibili: sono luoghi come Sedico, Agordo e Longarone, sia per la presenza di centrali per l’industria dell’occhiale sia per il rischio legato agli sport invernali. L’area di Cortina presenta invece rischi elevati per il turismo estivo e rischi medio-alti per la distribuzione di energia elettrica e gli sport invernali.
Inverno ed estati a rischio in montagna
La progressiva diminuzione della neve e lo scioglimento dei ghiacciai mettono a rischio un sistema economico basato quasi esclusivamente sull’alta stagione estiva e invernale. Già quest’estate, ad esempio, molti rifugi hanno sofferto per la mancanza d’acqua, alcuni dovendo anche chiudere anticipatamente, e molti malgari hanno faticato a nutrire e abbeverare i loro animali. Inoltre, aumentano i rischi legati a crolli come quello che ha provocato la tragedia in Marmolada e si diffondono insetti come il bostrico, che prolifica grazie a caldo e siccità e decima interi ettari di bosco, con rischi in termini di dissesto idrogeologico e perdita di biodiversità.
Dall’altro altro, una stagione invernale priva di neve costringe a sparare sulle piste neve artificiale o a trasportarla in elicottero, come accaduto a gennaio proprio a Cortina, nella Tofanina, una pratica sempre meno sostenibile per lo spreco d’acqua e l’elevato dispendio energetico.
La tenuta del sistema economico e industriale di questi territori dipenderà dal clima e dalle scelte in materia energetica. Per questo, come afferma il segretario della WMO Petteri Taalas ripetendo un messaggio già noto, dobbiamo passare a forme di energia pulita e migliorare l’efficienza energetica se vogliamo prosperare nel ventunesimo secolo.
Riferimenti: WMO
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