La Laguna di Venezia? Una “terra dei fuochi” subacquea

laguna di venezia

I fondali delle Laguna di Venezia sono un disastro. A devastarli sono attività umane come pesca, dragaggi, navigazione, infrastrutture costiere e l’abbandono di un’inimmaginabile quantità di rifiuti. È quanto emerge da un nuovo studio dell’Istituto di scienze marine del Cnr (Ismar-Cnr), appena pubblicato su Scientific Reports, che documenta attraverso un’innovativa mappatura ad altissima risoluzione l’impronta delle attività antropiche nell’ambiente a bassa profondità caratteristico della Laguna di Venezia. 

L’ecografia dei fondali

“Grazie a una sorta di ecografia del fondale, ottenuta grazie ad uno strumento che ‘vede’ con risoluzione centimetrica su una fascia larga alcune decine di metri ai lati dell’imbarcazione, che si muove su rotte successive tra loro parallele, sono stati per la prima volta documentate tracce di dragaggi, solchi incisi dalle chiglie di navi fuori rotta su bassi fondali o dai motori delle barche e dalle eliche dei vaporetti alle fermate, che in condizioni di bassa marea ‘arano’ il fondale”, spiega Fantina Madricardo, autrice dello studio. Come spiegano i ricercatori, le strutture erosive generate da dighe e moli potrebbero mettere in pericolo le stesse infrastrutture. “Di grande rilevanza sono le strutture erosive operate dalle correnti di marea attorno alla maggior parte delle infrastrutture costiere realizzate su base subacquea, come i moli detti ‘lunate’ che proteggono le bocche di porto dalle onde marine, dove si sono formate depressioni di alcuni metri nel giro di pochissimi anni successivi alla loro costruzione. Effettuare rilievi ripetuti nei prossimi anni con gli stessi strumenti utilizzati in questo studio permetterà di individuare precocemente e, sperabilmente, prevenire eventuali crolli delle dighe stesse”.

(Foto: Ismar-Cnr)

I rifiuti

Dalla mappatura, inoltre, è emersa la presenza di una gran quantità di rifiuti marini nei canali lagunari. “Non ci si deve preoccupare solo della presenza sempre più invasiva di rifiuti antropici sulla superficie del mare o sulle spiagge, ma anche di quelli che si accumulano sul fondale, per certi versi più rischiosi proprio in quanto invisibili”, commenta Elisabetta Campiani, responsabile dell’analisi dell’elaborazione dei modelli digitali del terreno. “Sono necessari la massima cura e un team molto articolato e preparato per elaborare masse di dati digitali enormi e sfruttarli al massimo della risoluzione spaziale, in modo da non tralasciare nessun segno delle molteplici e non sempre note attività dell’uomo sui fondali”.

L’attività antropica nella Laguna di Venezia

In un’epoca in cui la dinamica del nostro pianeta è fortemente condizionata dall’azione dell’uomo, anche il fondo marino è stato modificato radicalmente da attività quali la pesca, i dragaggi, la navigazione, le infrastrutture costiere e dall’abbandono di un’inimmaginabile quantità di rifiuti sul fondo.

“Una sorta di ‘terra dei fuochi’ subacquea in cui un misto di incuria, dolo e inconsapevolezza porta molte persone a credere che quanto si getta in mare non abbia conseguenza sugli ecosistemi e sulla salute umana, solo perché questo ambiente non è immediatamente visibile e ci induce a fingere che il problema non esista”, spiega Fabio Trincardi, direttore del Dipartimento di scienze del sistema Terra del Cnr e ideatore della ricerca, finanziata dal progetto Ritmare del ministero dell’Istruzione, università e ricerca.

“Abbiamo scelto la Laguna di Venezia per testare questo approccio allo scopo di far capire che in tutte le aree costiere e nei fondali marini non abbiamo solo il problema dell’inquinamento da sostanze chimiche ma anche quello dei rifiuti solidi, al di là delle plastiche e microplastiche oggetto di una diffusa attenzione, e quello di strutture necessarie come moli e dighe, rispetto alle quali però bisogna tenere conto delle modifiche ai campi di corrente che esse stesse inducono e da cui possono essere messe in pericolo”, conclude Trincardi.

Riferimenti: Scientific Reports; Cnr-Ismar

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