Europa: gli Stati possono vietare la fecondazione eterologa

Vietare la fecondazione assistita eterologa non viola i diritti fondamentali dell’individuo. Questa la decisione della Grande Camera della Corte europea sui diritti umani di Strasburgo. Tutto nasce da due coppie austriache sterili che si erano rivolte a una sezione semplice della Corte nel 2000, contestando la legge del proprio paese, che vietava la fecondazione eterologa (che coinvolge una terza persona, che fornisce ovuli o spermatozoi). Il primo aprile 2010 era arrivato il giudizio, favorevole agli appellanti, con cinque giudici contro due: negare il ricorso alla donazione esterna sarebbe stato ingiustificato e contrario alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Peccato che l’Austria, supportata da Italia e Germania, avesse chiesto una revisione del caso e un giudizio collegiale da parte della Grande Camera. Giudizio che ora è arrivato, ribaltando completamente la quesione e lasciando ampio margine di discrezionalità ai governi europei su un tema così sensibile come la procreazione assistita. Ma perché sarebbe giusto il divieto? A Strasburgo avrebbero accolto le motivazioni già descritte dalla Corte Costituzionale austriaca: si creerebbero legami inusuali, ovverosia figli con più di una madre biologica, e si rischierebbe lo sfruttamento della donna.

Ora resta da capire come questo giudizio influenzerà gli appelli di coppie italiane contro la legge 40 sulla fecondazione assistita, che riguardano proprio l’eterologa. In proposito, ci risponde  Marilisa D’Amico, costituzionalista dell’Università Statale di Milano.

“Dal punto di vista giuridico è una sentenza molto interessante, direi strana e complicata, per diversi motivi. Prima di tutto la Grande Camera si è espressa solo su un punto, quello che riguarda l’articolo 8, sul rispetto della vita privata e familiare, mentre non ha risposto sulla questione della discriminazione (tra coppie parzialmente sterili o totalmente sterili, ndr), che era un punto di forza della prima sentenza con cui la Corte dei diritti dell’Uomo si era espressa nell’aprile del 2010. Ormai però, il dato è tratto e abbiamo la sentenza definitiva. Un altro motivo per cui la definisco strana, è che risponde a una richiesta sollevata in prima battuta in Austria nel 1999, tenendo conto non della situazione attuale legislativa europea, ma di quella di allora, come se nulla fosse cambiato”.

Cosa stabilisce la sentenza, quindi?
“Fondamentalmente, la sentenza dice che è il legislatore austriaco a dover decidere sulla questione e ridà piena autonomia agli Stati senza neanche fornire indicazioni. È un passo indietro rispetto al clima di un paio di anni fa, prima della sentenza sul crocifisso, quando si cercava di avere una corte europea che unificasse gli stati membri sulle questioni riguardanti diritti dell’uomo e laicità degli stati.

“Già prima della sentenza, sei coppie italiane stavano portando avanti il ricorso per avere accesso alla fecondazione eterologa, nella speranza di far leva proprio sull’aspetto discriminatorio della legge 40. La Corte Costituzionale italiana aveva sospeso la sua sentenza proprio in attesa della decisione della Grande Camera e ora può certamente trincerarsi dietro questa dichiarazione. Cade quindi il caso di Firenze, il primo a essere stato sollevato, che si basava interamente sul comma 1 dell’articolo 117, che obbliga lo Stato a conformarsi all’ordinamento europeo e internazionale.

“Per quanto riguarda gli altri casi, restano in piedi i principi della Costituzione italiana di non discriminazione, su cui, ripeto, la corte di Strasburgo non si è espressa. Per cui il divieto all’eterologa per le coppie italiane risulta incostituzionale per gli articoli 3 e 32. E resta anche il diritto a essere genitori, già sancito nella sentenza della Corte Costituzionale nella sentenza 151 del 2009.

“Una cosa da salvare c’è in questa nuova sentenza: il richiamo ai legislatori. È la politica che deve risolvere questo problema. In questo caso, bastebbe un piccolo cambiamento all’articolo 4 della legge 40”.

Via: Wired.it

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