Categorie: Società

Evoluzione genere e stupro

Cheryl Brown Travis (a cura di)Evolution gender and rapeMIT Press, 2003 pp.472, euro 20,32 Nel 2000 la MIT Press ha pubblicato “A Natural History of Rape: Biological Bases of Sexual Coercion” di Randy Thornhill e Craig T. Palmer. I due autori, l’uno biologo (University of New Mexico) e l’altro antropologo (University of Colorado), definivano lo stupro un fenomeno naturale e biologico, un prodotto dell’adattamento evolutivo maschile alla guerra tra i sessi, altro destino biologico insito nella specie umana. Lo stupro sarebbe non solo un “normale” comportamento sessuale umano, ma addirittura una vera e propria strategia riproduttiva del maschio della specie. Finalmente con questo volume collettaneo, la MIT Press ha deciso di pubblicare anche una risposta critica alla tesi di Thornhill e Palmer. L’intento esplicito del libro è liberare la ricerca neo-evolutiva dalla tentazione di spiegare le differenze sessuali in termini strettamente biologici, una tentazione talmente diffusa che la curatrice Cheryl Brown Travis, nell’introduzione al volume, si sente in dovere di specificare che di per sé “evolutionary theory is not sexist”. Un’operazione estremamente importante sia per rimediare alla risonanza che le infauste tesi dei due scienziati hanno avuto nei media, sia perché una critica “dall’interno” ha sempre un valore aggiunto e una maggiore efficacia. Purtroppo, come sottolinea la Travis, l’applicazione dei principi evolutivi allo studio delle relazioni umane, è stata spesso caratterizzata da eccessive generalizzazioni e da interpretazioni semplicistiche della differenza tra i generi e dei comportamenti sessuali, prodotti di una filosofia politica che poco ha a che vedere con la scienza evoluzionista. La spettacolarizzazione mediatica delle tesi di Thornhill e Palmer ne è una dimostrazione esemplare: secondo Travis, le posizioni dei due ricercatori, peraltro non suffragate da alcuna ricerca empirica, sono l’espressione di un interesse culturale e politico, non scientifico, che è stato sostenuto purtroppo anche dai mass-media, che in gran parte hanno scelto la via del sensazionalismo anziché della corretta informazione. Il volume è diviso in tre sezioni: la prima, più generale, affronta soprattutto i problemi metodologici legati all’applicazione della teoria evolutiva allo studio dei comportamenti sociali, mentre la seconda e la terza discutono più direttamente delle tesi di Thornill e Palmer, proponendo modelli alternativi di interpretazione dello stupro secondo prospettive transdisciplinari. Particolarmente interessante il saggio di Peggy Reeves Sanday “Rape-Free versus Rape-Prone: How Culture Makes a Difference” in cui la studiosa espone i risultati della ricerca antropologica che ha svolto negli Stati Uniti e in West Sumatra. Ebbene, analizzando quali contesti socioculturali promuovono la violenza contro le donne e quali la inibiscono, vediamo che mentre tra i Minangkabau di Sumatra uomini e donne hanno ruoli sociali paritari e lo stupro è un fenomeno praticamente assente e culturalmente stigmatizzato, tra gli studenti dei campus americani legati alle “fratellanze” domina un modello di mascolinità violenta e aggressiva che giunge a legittimare lo stupro, tanto che una grossa percentuale delle studentesse (tra il 20 e il 30 percento) dichiara di aver subito violenze ai tempi del college. La rilevanza della “selezione culturale” più che della selezione naturale nell’interpretazione dei comportamenti umani ci porta anche a pensare che se Thornill e Palmer fossero nati e vissuti a Sumatra anziché negli Stati Uniti, probabilmente non avrebbero definito lo stupro un comportamento “naturale”.

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