Poco più di settemila. Tanti sono i ghepardi (Acinonyx jubatus) ormai rimasti in natura. Pochi secondo uno studio pubblicato su Pnas da un team di ricercatori, che chiede, alla luce delle nuove stime, un aumento degli sforzi per proteggere l’animale più veloce al mondo e di considerare la specie non più solo vulnerabile ma a rischio.
A rischio essenzialmente per un motivo, spiegano gli esperti. I ghepardi si muovono, tanto, e i loro habitat si trovano in gran parte fuori dalle aree aree protette di parchi e riserve (per oltre il 75%). Questo significa che molto spesso si trovano a convivere nelle zone sempre più abitate, dove le prede dei ghepardi sono cacciate dagli agricoltori, con la conseguenza che il cibo disponibile per questi animali diminuisce. A questo si aggiungono il rischio di uccisione per proteggere il bestiame e gli incidenti automobilistici. Così, per esempio, solo nello Zimbabwe la popolazione di ghepardi è scesa da 1.200 a 170 esemplari in 16 anni. A complicare la situazione, riferisce la Bbc, anche il traffico illegale di cuccioli, il cui prezzo sul mercato nero può arrivare ai 10 mila dollari e che spesso comporta la morte stessa dei cuccioli.
Proteggerli significa lottare contro il traffico illegale (per esempio bloccandone le pubblicità di vendita anche sui social) e considerare in un’ottica diversa le aree dove gli animali si muovono, promuovendo l’adozione di incentivi alle popolazioni locali delle aree non protette per la coesistenza con gli animali, tutelando le risorse per tutti, animali e umani.
Così da garantirne la sopravvivenza anche al di fuori delle aree protette e sostenere la fauna locale. “Assicurare le aree protette non basta. Dobbiamo andare oltre, assicurando tutto il mosaico di paesaggi protetti e non protetti che questi felini possono raggiugnere, se vogliamo evitare la perdita del ghepardo per sempre”, ha concluso Kim Young-Overton, tra gli autori del paper.
Via: Wired.it