Gli insegnanti hanno l’apprezzamento che meritano?

Teaching in focus è una rivista dell’Unione europea. Sul numero di maggio 2012 di questa rivista trovo un articolo il cui titolo mi colpisce. Are Teachers Getting the Recognition They Deserve? Ovvero, “Gli insegnanti ottengono l’apprezzamento che meritano?” Mi viene quasi da ridere: sono scettica sul fatto che gli insegnanti italiani, al di là della magra pecunia,  si aspettino qualcosa in cambio delle loro fatiche: e da chi? Dal ministero? Dai colleghi? Dai dirigenti? Ma mi metto a leggere e scopro che non tutto il mondo è paese, ovvero: ci sono nazioni dove questa domanda viene posta, sul serio, e attraverso una seria ricerca.

Addirittura, è stato messo in piedi TALIS (Teaching And Learning Environments), ovvero il primo studio internazionale che si occupa dell’ambiente in cui si insegna e si studia. Interroga gli insegnanti e i dirigenti scolastici di 24 paesi sul loro lavoro nelle scuole e nelle classi. L’analisi e il confronto tra le varie nazioni metterà a contatto persone che condividono la stessa sfida, e potranno trarre insegnamenti dai metodi usati da colleghi di altri paesi.

L’idea di base di TALIS è che l’apprezzamento e la valutazione (il feedback) il riconoscimento dello sforzo fatto, sono le molle che producono e sviluppano un insegnamento più proficuo. E quanti sono i paesi che curano questo aspetto? All’incirca, un quarto dei paesi esaminati. Sono dunque tanti gli insegnanti che lamentano di ricevere scarso o nullo apprezzamento dei loro sforzi.

A una prima lettura, sono colpita dal fatto che le due parole, apprezzamento e feedback, appaiono sempre accoppiate. Me lo spiego poi con la differenza tra un mestiere manuale e un lavoro intellettuale. Un muratore che dispone i mattoni, un contadino che raccoglie i pomodori, possono mostrare di aver fatto il loro lavoro con una visione concreta. I pomodori e i mattoni stanno a dimostrazione del lavoro fatto, sono il feedback. Per il lavoro fatto dagli insegnanti, che devono accompagnare la crescita dei ragazzi curandone in particolare lo sviluppo del pensiero e l’acquisto ragionato di nozioni utili, il feedback si ottiene in minima parte da articoli o libri scritti dagli insegnanti, e soprattutto dalla opinione dei ragazzi, che hanno apprezzato (positivamente, si spera) l’opera degli insegnanti. Il che è molto aleatorio, evanescente; si tratta di cose che si apprezzano a distanza di tempo, perché hanno lasciato una traccia che è durata una vita. Forse, nemmeno tutti gli allievi riconoscono quanto hanno ricevuto.

Come se la cava TALIS? Suggerisce che l’apprezzamento, o valutazione, avviene quando un lavoro dell’insegnante viene osservato; il feedback ha luogo quando il lavoro è discusso con l‘insegnante stesso. Il feedback necessariamente segue l’apprezzamento; ma non sempre l’apprezzamento è seguito dal feedback, come TALIS vorrebbe.

Segue un istruttivo grafico che mostra come e quanto nelle varie nazioni esistano insegnanti che non hanno mai ricevuto, da nessuna parte, apprezzamenti sul lavoro fatto. La media di questa frazione di insegnanti, fra le varie nazioni è del 13%. Riassumo questo grafico dividendo in vari gruppi le nazioni studiate da TALIS.
Italia (circa il 55%), Spagna (46%), Portogallo e Irlanda (26%), Brasile, Islanda e Norvegia (dal 15 al 18%), Austria e Australia (poco al di sopra della media). Altre nazioni esaminate, al di sotto della media quindi del 13%: Belgio, Turchia, Malta, Messico, Polonia, Danimarca, Corea, Slovenia, Ungheria, Estonia, Slovacchia, Lituania e Malesia. Premio alla Bulgaria (2%)

Sono stati interpellati gli insegnanti su quali siano gli aspetti della vita scolastica che essi ritengono importanti. Questi aspetti sono diversi per i vari paesi. Traspare l’ipotesi preferita da TALIS. Si devono privilegiare tecniche innovative. È invece più comune, da parte degli insegnanti interrogati, puntare il dito, per esempio, sul corretto comportamento degli studenti, sulle relazioni che essi producono. Si tratta, insomma, di una maggioranza di insegnanti un po’ tradizionali.

Ma tutto ciò esce in parte dall’ambito che trovo più interessante, quello degli insegnanti che non ricevono gratificazioni: il loro lavoro è nascosto, non viene percepito. Il 55% dei nostri insegnanti non riceve alcun apprezzamento per ciò che fa. Per questi lavoratori della scuola in che cosa consiste il feedback, e a chi tocca fornire ciò che serve per stimolare l’insegnante a perseverare nella ricerca del metodo migliore?

Gli psicologi dovrebbero rispondere a questa domanda; io che ho conosciuto tanti insegnanti, ho trovato un fattore comune a molti: spesso si tratta di persone insicure che hanno poca fiducia nel proprio lavoro e nello stesso tempo non vogliono metterlo in discussione. Sono quelli a cui il lavoro di gruppo fa paura, perché temono che, nell’immenso armamentario di argomenti propri della loro disciplina, potrebbe avvenire che saltasse fuori qualcosa di meno conosciuto. Questo timore li blocca, e l’ipotesi del lavoro di gruppo viene scartato.

Non sempre si tratta di pigrizia, ma di un vero disagio. Una volta si diceva: il professore è re nella sua classe … ma è assurdo pretendere da lui l’omniscienza. I docenti universitari di solito non hanno questo problema, anche perché lavorano sul campo ed è solo su quello che devono essere davvero esperti.

Ma, a volte, si scoprono eccezioni a questo comportamento timido. Ho avuto occasione di conoscere un’esperienza, condotta molti anni fa, in un liceo di Modena. Gli insegnanti di filosofia si sono accordati per preparare, a turno, una bella, completa lezione su un argomento chiave e poi, a sezione riunite, in aula magna, snocciolare il tutto alle classi riunite, colleghi compresi. Esempio: Kant. Poi nelle classi, ciascun insegnante riprende l’argomento del mese; ciascuno a suo modo. Il mese successivo, sarà un altro insegnante a preparare un altro argomento. Quando parlano di questa idea al preside, lui manifesta scetticismo: figuratevi che baraonda faranno i ragazzi tutti insieme. Gli insegnanti tengono duro e ottengono il permesso. L’esperimento è riuscito alla grande: niente baraonda, i ragazzi attentissimi data la novità, la curiosità per l’impostazione insolita  curata dall’insegnante di turno. Il quale, naturalmente, si è preparato molto bene per non sfigurare. Ciò che si può fare una tantum.
Inutile dire: grande successo di Kant. I ragazzi si sono messi a studiare con gusto. Ecco un esperimento con garantiti appraisal and feedback.

Questo, molti anni fa. Un’ottima idea per far uscire gli insegnanti dalla loro tana e imparare a lavorare insieme. Oltre a un sicuro arricchimento personale, che buona dose di appraisal and feedback
avranno ricevuto quegli insegnanti di filosofia; e chissà che altri non ne abbiamo seguito l’esempio.  

Per me, l’ideale sarebbe che il metodo nascesse nella testa degli insegnanti stessi. L’articolo che ho letto non arriva a pretendere  questo; ma si limita a domandare: come si espliciterebbe lo appraisal in pratica? Sull’articolo leggo “non necessariamente il riconoscimento deve essere pecuniario. Un riconoscimento da parte del dirigente o dei colleghi sono in genere apprezzati”. Che i dirigenti ritaglino il tempo necessario a mettere il naso nelle relazioni di classe, che convochino gli insegnanti; che ne facciano il tema o uno dei temi da discutere nel Consiglio di Istituto, che ne parlino con i genitori – che lascino perdere, per qualche ora del loro tempo, la burocrazia e mostrino interesse alla didattica.

C’è chi lo fa, beninteso, e forse è quel 45% dell’Italia, magro al confronto di tutti gli stati esaminati da TALIS.

Credit immagine a cybrarian77/Flickr

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