Il gorilla orientale è sempre più in pericolo

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(Credits: rbleib/Flickr CC)
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(Credits: rbleib/Flickr CC)

L’ultimo aggiornamento della Lista rossa IUCN (International Union for the Conservation of Nature) non contiene notizie confortanti per le grandi scimmie. Il gorilla orientale (Gorilla beringei), il più grande primate vivente, è stato appena dichiarato gravemente minacciato (prima era, solo, in pericolo), a causa della caccia illegale.

Su sei grandi scimmie ora 4 condividono lo stato di gravemente minacciate (insieme al gorilla orientale ci sono il gorilla occidentale, l’orango del Borneo e l’orango di Sumatra) le altre, scimpanzé e bonobo, rimangono in pericolo.

La notizia arriva dalle Hawaii dove è in corso il World Conservation Congress. Per il gorilla orientale la minaccia negli ultimi venti anni è stata fortissima: oltre il 70% della popolazione è scomparsa, soprattutto per le perdite della sottospecie del gorilla di pianura che conta oggi circa 3800 individui (l’altra sottospecie, il gorilla di montagna, ne conta circa 880 esemplari).

Ma le cattive notizie non riguardano purtroppo solo il gorilla orientale.

La zebra delle pianure (Equus quagga) è passata da rischio minimo a quasi a rischio (per colpa sempre della caccia illegale), le piante hawainane, minacciate dalle piante invasive (estinte 38 delle 415 endemiche) sono in grave pericolo, e tre specie di antilopi africane sono anch’esse minacciate dalla caccia illegale e dalla perdita del proprio habitat (Cephalophus dorsalis, Cephalophus leucogaster e Cephalophus silvicultor). Delle oltre 82 mila specie nella lista rossa della Iunc quasi 28 mila sono ora a rischio di estinzione. Le promesse sono di aumentare i fondi per allargare il proprio spettro dello stato di conservazione delle specie.

Volendo dare uno sguardo anche all’altra faccia della medaglia c’è spazio anche per le buone notizie, che riguardano uno dei simboli storici delle specie a rischio di estinzione: il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) è sceso di gradino, passando da in pericolo a vulnerabile, a causa degli sforzi messi in campo a protezione delle foreste, anche se il cambimento climatico rischia di riportare indietro i successi degli ultimi anni, spazzando via le foreste di bambù.

Buone notizie anche per l’antilope tibetana (Pantholops hodgsonii, passata dall’essere in pericolo a quasi minacciata, il wallaby dalla coda unghiuta dalle briglie (Onychogalea fraenata, sceso da in pericolo a vulnerabile) e il ratto dei nidi intrecciati maggiore (Leporillus conditor, passato da vulnerabile a quasi minacciato). Ma non basta, ha commentato Carlo Rondinini della Sapienza Università di Roma, coordinatore per la valutazione dei mammiferi: “Anche se ci sono alcuni successi da celebrare, i nuovi dati devono essere una sorta di faro per guidare le strategie di conservazione di quelle specie che continuano a essere in pericolo”.

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