ADISPETTO DELLA SUA aria pacata e sorniona, Peter Piot è un uomo da prima linea. È infatti dagli anni Settanta che questo microbiologo belga si trova al centro di alcune tra le più importanti battaglie per la salute globale. La prima volta nel 1974, quando in un thermos da caffè trasportato da un aereo Sabena – l’allora compagnia di bandiera – arrivarono dal Congo due provette contenenti sangue infetto da un virus misterioso. L’obiettivo era determinare se si trattasse di febbre gialla. Non lo era. Era invece Ebola, l’agente patogeno che stava mietendo vittime nella missione fiamminga vicino a Kinshasa. «Al microscopio elettronico appariva come qualcosa di totalmente diverso da tutto quello che avevo visto fino a quel momento», ricorda Piot. Qualcosa di nuovo e letale, tanto che dall’Oms arrivò a tempo di record un telegramma nel quale si intimava di interrompere qualunque ricerca su quei pericolosissimi campioni infetti.
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