Hiv sotto controllo senza farmaci dopo otto anni

Sconfiggere definitivamente il virus dell’Hiv: un obiettivo sul quale sono concentrati gli scienziati di tutto il mondo. Ad oggi però, continua ad esserci una sola guarigione confermata, quella del cosiddetto paziente di Berlino. Ma oggi un nuovo caso torna a riaccendere le speranze: la protagonista è una bambina sudafricana che, nata sieropositiva e sottoposta a trattamento precoce con un mix di farmaci anti-retrovirali , non avrebbe più segni di infezione da oltre otto anni.

Si stima che nel mondo siano 36,7 milioni le persone affette da Hiv e che nell’ultimo decennio, grazie a un maggiore accesso alle cure, ci sia stato un dimezzamento delle morti dovute all’infezione – passate da 1,9 milioni nel 2005 a 1 milione dello scorso anno – oltre che un conseguente aumento dell’aspettativa di vita rispetto al passato. I trattamenti attuali, lungi dall’essere una cura definitiva, si limitano a mantenere l’infezione sotto controllo e l’unico caso noto di guarigione da Hiv rimane, appunto, quello del paziente di Berlino, un uomo sieropositivo colpito da leucemia, che in seguito a un trapianto di midollo osseo non ha più mostrato i segni dell’infezione. Negli ultimi anni però di qualcosa simile a una guarigione si è tornato a parlare.

È di un paio di anni fa la notizia di una ragazza di 18 anni che, nata sieropositiva e curata con terapia anti-retrovirale fino ai 6, non mostrava più tracce del virus nel sangue da ormai 12 anni. Lo scorso anno alcune università britanniche hanno poi affermato che nel sangue di un paziente di 44 anni, sottoposto a un nuovo protocollo di sperimentazione – basato sulla combinazione di un farmaco in grado di riattivare il virus dormiente nel sangue, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette – non era più rilevabile il virus. I ricercatori però si sono mostrati da subito molo cauti, avvertendo che il risultato definitivo si sarebbe potuto avere solo a distanza di qualche anno, poiché l’Hiv sembrerebbe nascondersi in forma dormiente, passando inosservato e ripresentandosi improvvisamente dopo tempo dal termine delle cure. Nel 2013 infatti, un altro caso, quello della “Mississipi baby” , aveva sollevato grandi speranze: una bambina nata sieropositiva era stata sottoposta a terapia anti-retrovirale fin dalle prime ore di vita, ma il virus, che inizialmente sembrava essere sparito, era riapparso dopo due anni.

Il nuovo caso, reso noto alla conferenza di Parigi sull’Aids, riguarda una bambina sudafricana – parte di un trial clinico che valuta l’effetto di un trattamento precoce in neonati nelle settimane successive alla nascita – contagiata dalla madre al momento del parto e sottoposta a terapia a due mesi per le successive 40 settimane. Oggi, dopo otto anni e mezzo dal termine della terapia, il virus sembra essere ancora sotto controllo, presente in una piccola parte delle cellule del sistema immunitario, ma apparentemente non in grado di riprodursi.

Lo studio, finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases americano, è diretto da uno dei massimi esperti del settore, Anthony Fauci, il quale afferma che se questo tipo di approccio precoce, in grado di tenere sotto controllo l’infezione per periodi di tempo prolungato funzionasse, potrebbe avere un impatto enorme per la gestione dei milioni di persone sieropositive nel mondo. Fauci aveva già scoperto come la sopravvivenza dei bambini trattati precocemente fosse migliore, ragion per cui ulteriori studi stanno ora valutando la possibilità di sottoporre i neonati a trattamento già a partire dal secondo giorno di vita, così da aumentare le possibilità di controllo a lungo termine dell’infezione.

Ilaria Campagna

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