I “cerchi delle fate” fatti dalle termiti

Nel margine orientale del deserto della Namibia le oasi hanno un aspetto totalmente diverso da quello che ci trasmettono i film. Niente palme e specchi d’acqua, ma solo circoli d’erba che circondano uno spiazzo sabbioso. In gergo vengono chiamati “cerchi delle fate”, ma in realtà si tratta di un ecosistema artificiale costruito con cura da Psammotermes allocerus, una specie locale di termiti. Un articolo pubblicato su Science mostra il lavoro fatto dagli insetti allo scopo di conservare riserve idriche nel sottosuolo.

A indagare sulla natura tutt’altro che magica delle oasi è stato Norbert Juergens, biologo vegetale presso l’Università di Amburgo in Germania. Grazie alle osservazioni raccolte in 40 diverse ricognizioni sul campo lungo la fascia est del deserto costiero che dall’Angola attraversa la Namibia e arriva fino al Sudafrica. L’ipotesi del ricercatore riguardava il fatto che i circoli caratteristici di quella zona non fossero altro che vere e proprie opere di ingegneria ambientale da parte delle termiti.

A prima vista, i circoli delle fate sembrano dei semplici anelli d’erba che circondano un’area di sabbia completamente brulla. Fatto sta che le piante che crescono sul margine siano di natura perenne, un fatto abbastanza raro per un deserto nel quale le scarse precipitazioni si attestano intorno ad una media di 100 mm. Il merito sarebbe tutto delle termiti, che attaccano le radici delle piante più giovani e le uccidonono, favorendo l’accumulo d’acqua piovana nel sottosuolo.

In poche parole gli insetti agiscono da giardinieri, distruggendo e divorando le piante più giovani per sopravvivere. Riducendo la copertura erbosa nei circoli, le termiti abbattono anche le perdite di vapore acqueo conservato nei vegetali che, altrimenti, andrebbe disperso nell’ambiente. Così facendo, sotto le oasi si formano delle piccole falde acquifere che sostentano e fanno proliferare l’anello esterno. Tuttavia, c’era bisogno di prove per dimostrare che gli insetti non fossero solo degli inquilini opportunisti.

Juergens ha difeso l’operato degli insetti guardando nel sottosuolo, analizzando dai 30 ai 100 circoli in ognuno dei siti visitati lungo la fascia desertica. La prima prova a favore delle termiti è che P. allocerus è uno dei pochissimi organismi presenti in tutte le oasi analizzate. La seconda, è che gli ingegneri del deserto sono stati trovati anche in 24 oasi in fase di formazione nelle quali l’anello di vegetazione perenne non si era ancora formato. La terza, riguarda il numero di riporti di terriccio gettati in superficie dagli insetti: molto più concentrati al centro e praticamente assenti sul margine esterno.

Secondo il ricercatore tedesco, l’ultima considerazione avrebbe un’importante conseguenza. Durante i periodi di siccità le colonie di P. allocerus si nutrono di parte delle piante perenni, contribuendo così all’allargamento del circolo delle fate. L’opera di scavo e giardinaggio consente loro di avere riserve d’acqua e cibo che, altrimenti, andrebbero perdute nel corso della stagione. Tra i numerosi esempi di ingegneria animale – che a volte diventa anche collaborativa (vedi Galileo: Ghiozzi e coralli uniti contro le alghe) – questo sembra uno dei più efficaci. Le oasi delle termiti di certo non sono un miraggio.

Riferimenti: Science doi:10.1126/science.1222999

Credits immagine: N.Juergens

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