Categorie: Società

I colori perduti di Van Gogh

“Le leggi dei colori sono inesprimibilmente belle, proprio perché non sono dovute al caso”, diceva Vincent Van Gogh. Peccato che i colori che oggi vediamo sulle sue tele non sono quelli che aveva scelto nella sua tavolozza. I gialli hanno cambiato intensità, i rossi sono scomparsi. E le pareti viola della famosa Camera gialla oggi appaiono blu.

L’alterazione dei colori dei dipinti dell’artista olandese, morto suicida nel 1890,  è soprattutto conseguenza della interazione con la luce alla quale sono stati esposti fino a metà del ‘900. Conclusione questa a cui sono arrivati diversi studi svolti dal Centro Beni Culturali del Politecnico di Milano e presentati il 18 settembre in un workshop dedicato appunto alla conservazione del colore nella pittura di Van Gogh. L’evento, ospitato presso l’ateneo lombardo, è stato organizzato in collaborazione col Van Gogh Museum di Amsterdam, che quest’anno propone un nuovo allestimento per una rilettura completa dell’opera del maestro del colore olandese, in coincidenza con l’uscita del film “Van Gogh: a new way of seeing“, scaturito dalla collaborazione degli esperti del Museo con il regista Phil Grabsky.

“In occasione dei 125 anni dalla scomparsa dell’artista, abbiamo proposto una rilettura dell’opera di Van Gogh alla luce degli studi che recentemente hanno riguardato alcuni tra i dipinti più significativi della sua produzione, fornendo anche nuove indicazioni per la conservazione”, spiega Lucia Toniolo, presidente del Centro Beni Culturali. “Gran parte dei cambiamenti dei colori sono dovuti all’azione della luce sulla materia pittorica, in particolare sulla componente organica, con un effetto di scoloramento. Basti pensare che, la famosa Camera da letto dipinta dall’artista, che noi vediamo con le pareti blu, in realtà aveva le pareti viola”.

Ulteriori dettagli sulla tecnica pittorica utilizzata da van Gogh sono emersi dall’analisi del celebre “Les bretonnes et le pardon de pont Aven”, conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Utilizzando tecniche di luminescenza – che non richiedono il prelievo di campioni – ricercatori del Politecnico hanno riscontrato la presenza di un pigmento bianco. “Pensiamo che si tratti di un colore a base di zinco. Alla fine dell’800 si stava passando dai colori artigianali a quelli industriali. Questi nuovi pigmenti avevano molte impurità che hanno influenza sula luminescenza”, conclude Daniela Comelli del Dipartimento di fisica del Politecnico.

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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