Le idee di Gramsci sulla scuola

Gramsci, chi era costui? In un momento storico in cui alcuni intellettuali si dilettano a consigliare pedane per gli insegnanti , è ancora emozionante avere accesso alla profondità del pensiero di Antonio Gramsci, attraverso la rilettura e i commenti che ne fanno Giuseppe Benedetti, insegnante, e Donatella Coccoli, giornalista. Dotato di una profonda sensibilità umana, convinto della necessità di una consapevole unione tra teoria e prassi, viva e presente in tutta la sua opera, Gramsci incalza i politici del suo tempo sostenendo che sempre e comunque hanno bisogno di cultura, incalza gli intellettuali ad essere politici, sostiene per tutti il bisogno di studiare continuamente.

(Foto: L’asino d’oro)

Giuseppe Benedetti, Donatella Coccoli

Gramsci per la scuola. Conoscere è vivere

L’asino d’oro, 2018

pp. 300, euro 18.00

 

 

La cultura, nella sua continua evoluzione storica realizzata e modellata dal pensiero umano, è consapevolezza critica dei propri diritti e dei propri valori. Ed è la cultura, in un ambiente dove la solidarietà è essenziale, che permette di trovare soluzioni al bisogno di libertà di cui tutti possono prendere gradualmente coscienza. Se i borghesi possono permettersi di rimanere ignoranti, delegando a pochi intellettuali la conservazione dei propri privilegi, il proletariato non può farlo, e ha bisogno di padroneggiare in prima persona gli strumenti necessari a realizzare la propria emancipazione. Gramsci propone dunque, nei suoi innumerevoli scritti, la figura dell’intellettuale organico che unisce sapere concreto e alta visione politica, che rifugge dai rapporti di superiorità o protezione paterna nei confronti del popolo ma ne condivide le esigenze e propone soluzioni concrete.

I numerosi articoli su periodici e riviste, la fondazione di giornali come “Il grido del Popolo” e “Ordine Nuovo” , gli scritti dal carcere… tutto è costantemente un invito alla educazione e alla emancipazione culturale dei suoi lettori, a volte in contrasto con l’ideologia de i dirigenti del partito, che non condividevano la necessità pedagogica e politica di spiegare, istruire, commentare, invitare all’azione.

Le citazioni dalle opere di Gramsci accompagnano il lettore di questo libro con la documentazione del suo pensiero, talvolta in stridente contrasto con i modi di pensare attuali. Per esempio, chi sarebbe d’accordo oggi con i rimproveri alla moglie Giulia o alla cognata Tania per la loro mancanza di “necessaria coercizione” nell’educazione dei figli, indispensabile almeno fino alla pubertà? Secondo Gramsci la disciplina sostiene la personalità (e ricorda le durezze della sua vita infantile): per questo chiede che il sistema di istruzione sia ampiamente diffuso nella popolazione, combinando aspetti di coercizione e libertà per creare in tutti una base culturale più ampia possibile. Nei “Quaderni del carcere” le critiche al sistema scolastico non mancano, sia perché la scuola del suo tempo è fortemente influenzata dall’idealismo crociano e dalla potente pedagogia cattolica, sia perché anche le scuole professionali cristallizzano le differenze sociali, mentre sarebbe necessaria una scuola unica (elementare e media) che formi persone capaci “di pensare, di studiare, di dirigere o di controllare chi dirige”.

Il capitolo IX del volume di Benedetti e Coccoli è dedicato a un “anti-Gramsci della scuola”, cioè a Don Lorenzo Milani e alla scuola di Barbiana. Una volta superato il successo sessantottesco della ben nota “Lettera a una professoressa”, gli autori criticano duramente la concezione pedagogica di Don Milani, agli antipodi di quella gramsciana. Gli autori non condividono affatto la violentissima requisitoria della Lettera contro i docenti “rappresentati come i custodi di una cultura discriminatoria” e sostengono che a Barbiana il rapporto didattico si modellava su quello tra prete e discepoli, perché “a scuola si va per ascoltare che cosa dice il maestro” e “un ragazzo che ha opinioni su cose più grandi di lui è un imbecille”. Certo, Gramsci non sarebbe affatto d’accordo con queste affermazioni, lui che sosteneva lo sviluppo interiore della personalità, a cui la cultura contribuiva in modo determinante per essere se stessi e conoscere se stessi.

Vengono poi riportate critiche e opinioni a favore o contrarie alle tesi sostenute nella Lettera: quelle di De Mauro, di Affinati, di Vassalli. Ed è molto interessante – anche per chi a quei tempi era ancora un bambino – leggere con gli occhi e la cultura di oggi un documento che per parecchi anni è stata una specie di bandiera di un sistema scolastico che si dichiarava innovativo.

L’ultimo capitolo lascia un po’ di amaro nella mente di chi legge: riguarda infatti la strumentalizzazione del pensiero di Gramsci fatta dal partito comunista ed il successivo disinteresse per tutta la sua opera. Vengono qui sintetizzati e commentati gli scritti di Lombardo-Radice, Manacorda, Gerratana, Monasta e altri su Gramsci, che argomentano le varie ragioni per cui il suo pensiero può considerarsi obsoleto o che al contrario sostengono la validità culturale e morale delle sue opinioni. Proponendo una così ricca documentazione critica dopo aver ampiamente esplicitato nel testo il significato e il contenuto dell’opera di Gramsci ogni lettore può essere in grado di costruirsi le proprie opinioni, nel rispetto dello spirito gramsciano sostenitore di una cultura problematica e antinozionistica, fondata sulla concentrazione e lo studio, in una dimensione storica in continua evoluzione.

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