Democratici e collaborativi: anche tra i batteri vince l’equità. Sono cioè più stabili e funzionano meglio quegli ecosistemi in cui le varie specie sono tutte rappresentate in egual misura. Almeno inizialmente. Sono le conclusioni di Daniele Daffonchio, ricercatore dell’Università di Milano, che ha coordinato uno studio svolto con l’Università di Ghent (Belgio), appena pubblicato su Nature.
Per testare la relazione tra l’uniformità iniziale di un ecosistema e la sua funzionalità, i ricercatori hanno creato ben 1.260 “microcosmi”, costituiti tutti da 18 specie di batteri denitrificanti. In ciascun piccolo ecosistema, queste 18 specie sono state immesse in proporzioni diverse. I sistemi sono stati incubati per venti ore in tre condizioni strettamente controllate: nessuno stress, stress termico (bassa temperatura) e stress salino (alta salinità). La capacità denitrificante di ciascun sistema è stata utilizzata come misura della funzionalità del sistema stesso (tutte le specie scelte operano negli stessi range di condizioni ambientali). Risultato: sono più efficienti le comunità in cui le diverse specie sono equamente rappresentate. “È probabile che il grado di uniformità cambi nel corso dell’esperimento”, riportano i ricercatori nello studio, “ma l’intento era di testare la risposta all’uniformità iniziale e di utilizzarla come una misura di stabilità del sistema”.
“Studiare l’evoluzione di oltre mille ecosistemi sarebbe stato, infatti, un lavoro molto lungo e difficile”, spiega Daffonchio: “Questi primi risultati mostrano che più il bilanciamento è equo e meglio funziona il sistema. E che gli ecosistemi sono fortemente guidati dalla simbiosi”. Le diverse specie di batteri, infatti, spesso collaborano piuttosto che entrare in competizione. Quei sistemi in cui la selezione porta a una specie dominante, invece, sono meno efficienti. Questo accade, suggeriscono ricercatori, perché la biodiversità elevata permette un adattamento più rapido al cambiamento delle condizioni ambientali.
Questa ricerca si inserisce in un esteso progetto che si propone di individuare i fattori chiave che guidano il comportamento delle comunità microbiche complesse. Di cui – conclude Daffonchio – sappiamo ancora poco o niente. (t.m.)
Riferimento: Nature doi:10.1038/nature07840