Il bit? E’ pulito e consuma poco

Biblioteca senza fine, ipermercato per acquisti, ambiente per socializzare, alcova virtuale, rifugio per criminali, droga che dà dipendenza. Definire il ruolo preciso di Internet nei meccanismi della vita quotidiana è sempre più difficile. E non finisce qui: il diffondersi della rete sembra contribuire a un nuovo modello di sviluppo sostenibile. A questa conclusione è giunto uno studio (http://www.cool-companies.com/ecom/index.cfm), riguardante esclusivamente la realtà statunitense, del Center for Energy and Climate Solutions (Cecs), società con sede in Virginia, che collabora con numerose agenzie federali e grandi organizzazioni ambientaliste. I dati della ricerca, provenienti da diversi enti americani, evidenziano una crescita economica nel ‘97 e ‘98 del 4 per cento annuo. Nello stesso biennio la richiesta di energia è cresciuta in maniera quasi impercettibile, facendo registrare l’incremento più basso da cinquanta anni a questa parte. Ma il dato veramente singolare è un altro. Nonostante l’impennata, l’energia necessaria per ottenere l’equivalente di un dollaro di Prodotto interno lordo è diminuita. Facendo misurare sia nel ‘97 che nel ‘98 una flessione del 4 per cento. Tutto questo è avvenuto in un biennio in cui il costo dell’energia era quanto mai conveniente, considerando che dal 1986 i prezzi erano in discesa continua e costante. E sorpresa gradita agli ambientalisti, e non solo, l’emissione, nel 1998, dei “greenhouse gas” – i gas ritenuti responsabili dell’effetto serra – è cresciuta “solamente” dello 0,2 per cento.

Come dichiarano gli autori, “lo studio riflette un’analisi dei dati fino a oggi disponibili, anche se incompleti, e inizia a definire nuovi , seppur rozzi, scenari”. E ancora, “in altre parole, se, come molti credono, esiste una nuova economia (ovvero l’economia legata alle nuove tecnologie di cui Internet è attore fondamentale) deve esistere anche una nuova economia dell’energia che dovrebbe avere profondi impatti sulle risorse energetiche e sull’ambiente”. Secondo le prime analisi dell’Enviromental Protecion Agency (http://www.epa.gov/) – Epa, l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente – e dell’Argonne National Laboratory (http://www.anl.gov/) – il più grande centro di ricerca del Department of Energy degli Stati Untiti (http://www.doe.gov/) – la riduzione di energia per dollaro di Pil è figlia per un terzo del settore al momento trainante dell’economia americana: l’information techology. Un settore intrinsecamente a bassa intensità energetica se si considera il tipo di produzione: per produrre un software, infatti, è necessaria meno energia che per un’automobile. I rimanenti due terzi provengono da una maggiore efficienza del ciclo produttivo dei settori tradizionali di produzione. La bacchetta magica di tutto ciò? Internet. Nello studio del Cecs si sottolinea come l’avvento della rete rende più efficace il sistema di produzione, trasporto e vendita: “Non esiste spreco più grande di energia che fabbricare il prodotto sbagliato, trasportarlo in negozio e lasciarlo invenduto”, afferma il Joseph Romm, uno degli autori del documento. E le nuove tecnologie di comunicazione permettono di prevedere in tempo reale le richieste dei consumatori riducendo le sovrapproduzioni e le scorte inutili di materie prime. E si risparmia anche nelle infrastrutture. Un esempio su tutti: la più grande libreria del mondo oggi è virtuale, Amazon (http://www.amazon.com/).

E poi ancora il telelavoro che contribuisce a ridurre gli spostamenti del personale. Questo significa meno uffici, meno macchine in giro e trasporti merci ridotti. Ovvero minore necessità di combustibile e conseguente risparmio di energia. Con una ricaduta ambientale non da poco vista la dipendenza dell’economia da combustibili di origine fossile, fonti primarie dei gas serra. Un processo talmente lineare da sembrare sconcertante, un vero uovo di Colombo. “Sicuramente il ruolo di Internet e dell’e-commerce è fondamentale nei trend riportati”, afferma il Sergio Mariotti, professore di Economia industriale al Politecnico di Milano (http://www.polimi.it/), “soprattutto per quanto riguarda il potenziamento del meccanismo business – to – business, ovvero la comunicazione tra aziende”. La rete, quindi, mette in relazione la domanda e l’offerta in tempo quasi reale. “Da sempre”, continua Mariotti, “si cerca di ottimizzare il sistema e ora Internet offre un mezzo potentissimo. Con tutto ciò che ne consegue. Senza dubbio il modello individuato dallo studio è realistico”. Se i diversi impatti, soprattutto sociali e ambientali, della vecchia economia figlia della Rivoluzione industriale sono ben noti e studiati, la nuova realtà economica apre prospettive ancora tutte da indagare.

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