Il buco nero al centro della Via Lattea si è svegliato 200 anni fa

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Nel bel mezzo della nostra galassia c’è un buco nero attualmente in stato di quiescenza, a cui abbiamo dato il nome di Sagittarius A* e che siamo stati capaci di immortalare per la prima volta lo scorso anno. Ma secondo uno studio appena pubblicato su Nature, questo gigante di massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole non è addormentato da molto tempo. Stando alle analisi dei dati raccolti dal telescopio Ixpe (Imaging X-ray Polarimetry Explorer), infatti, circa 200 anni fa Sagittarius A* avrebbe avuto un periodo di attività molto intensa, durante il quale avrebbe inghiottito polveri e gas che hanno osato entrare nel suo raggio di azione. L’eco di questa intensa attività si manifesta ancora oggi sotto forma di raggi X emessi dalle nubi cosmiche che lo circondano.


Abbiamo visto il buco nero al centro della Via Lattea: ecco l’immagine di Sagittarius A*


Prove dell’attività passata

Le nubi cosmiche, dette anche “nubi molecolari”, sono ammassi di gas dalla cui condensazione hanno origine le stelle. Solitamente sono oggetti freddi e relativamente scuri, ovvero che non emettono una grande quantità di radiazioni luminose. Ma alcuni studi condotti in passato avevano rilevato emissioni piuttosto luminose provenienti dalle nubi cosmiche che si trovano nelle vicinanze di Sagittarius A*: “Uno degli scenari per spiegare perché queste gigantesche nubi molecolari sono così brillanti – spiega Frédéric Marin dell’Osservatorio astronomico di Strasburgo (Francia) e primo autore del nuovo studio – è che, in effetti, riecheggiano un lampo di luce a raggi X scomparso da tempo, indicando che il nostro buco nero supermassiccio non era così quiescente alcuni secoli fa”.

Per studiare meglio questo fenomeno, il gruppo di ricerca ha utilizzato, come dicevamo, il telescopio Ixpe della Nasa, che misura la polarizzazione della luce nei raggi X, ovvero la direzione e l’intensità media del campo elettrico delle onde luminose. Combinando i dati ottenuti con le immagini del satellite X Chandra della Nasa e confrontandoli con le osservazioni d’archivio della missione Xmm-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), gli autori dello studio hanno potuto rilevare con grande precisione la polarizzazione di questa luce a raggi X e scoprirne così il punto di origine esatto. “L’angolo di polarizzazione agisce come una bussola, indicandoci la misteriosa sorgente dell’illuminazione scomparsa da tempo”, racconta Riccardo Ferrazzoli, astrofisico dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma e co-autore dello studio. “E cosa c’è in quella direzione? Nient’altro che Sagittarius A*”.

Obiettivi futuri

I dati ottenuti, spiega Steven Ehlert, Project Scientist di Ixpe presso il Marshall Space Flight Center della Nasa a Huntsville (Stati Uniti) e co-autore dello studio, hanno aiutato i ricercatori, fra le altre cose, a stimare la durata e la luminosità delle originarie emissioni luminose di Sagittarius A*: “Il prossimo obiettivo del team è quello di ripetere l’osservazione e ridurre le incertezze della misurazione”. Questi studi, conclude Ehlert, “aiutano i ricercatori a ottenere una nuova comprensione dei processi fisici necessari per risvegliare Sagittarius A* di nuovo, anche se solo temporaneamente, dal suo sonno inquieto”.

Via Wired.it

Crediti immagine: Jacob Granneman / Unsplash