Anche se il suo nome per esteso sembra uscito dalla bocca di Mary Poppins, il diclorodifeniltricloroetano, meglio noto come Ddt, non ha niente a che fare con l’idilliaco mondo della baby-sitter perfetta. Le immagini che evoca sono tutt’altro che positive. E purtroppo non si tratta solo di ricordi del passato. Sembrerebbe infatti che, a circa 30 anni dalla sua abolizione nei paesi occidentali, gli effetti nocivi del potente insetticida siano tornati d’attualità. Con grande preoccupazione dei paesi in via di sviluppo, dove il Ddt è ancora considerato uno strumento efficace per combattere la malaria. Questa volta, secondo un recente studio pubblicato su The Lancet, le vittime indirette sarebbero quelle donne, nate intorno agli anni Sessanta da madri con un’elevata concentrazione di Ddt nel sangue, che rischierebbero di diventare sterili. Basterebbero dieci microgrammi di Ddt per ogni litro di sangue materno a ridurre di un terzo le probabilità di restare in cinta.. Non avrebbe invece nessuna conseguenza negativa sulla fertilità, il Dde, derivato del Ddt (un Ddt deidroclorato). “Mentre è rassicurante che la concentrazione di Dde nel sangue materno non incida sulla capacità riproduttiva delle figlie, molte donne continuano ad avere problemi di fertilità senza conoscerne la causa”, dice Barbara Cohn del Public Health Insitute, di Berkeley in California, che ha esaminato 289 donne, tra i 30 e i 40 anni di età, nate da madri entrate in qualche modo in contatto con l’agente tossico. “Queste ricerche getteranno nuova luce sulle cause ancora poco note dell’infertilità femminile per prevenire questa dolorosa patologia”. (g.d.o.)