Il fracking potrebbe causare i terremoti

Se ne parla da anni, ma di dubbi ormai sembrano essercene veramente pochi: il fracking potrebbe effettivamente causare terremoti. Gli ultimi indizi arrivano da un recente studio della Cornell University, pubblicato sulle pagine di Science, che ha messo in relazione l’attività dei quattro principali impianti di fracking dello stato americano dell’Oklahoma con oltre 100 terremoti di piccola e media entità registrati nella regione tra il 2008 e il 2013.

Il fracking, o fratturazione idraulica, è una tecnica che consente di estrarre gas naturali e petrolio dal suolo utilizzando getti di liquidi ad alta pressione. Per i produttori è particolarmente conveniente, perché permette di evitare la costruzione dei più costosi impianti di estrazione tradizionali, ma negli ultimi anni in molti hanno sollevato dubbi sui rischi ambientali legati a queste procedure. L’acqua prodotta nel processo di fratturazione si disperde infatti nel terreno, e negli Stati Uniti, dove il fracking è particolarmente diffuso, sono state moltissime le segnalazioni di danni collaterali provocati da questi liquidi di scarto, come l’avvelenamento delle falde acquifere, o per l’appunto, terremoti.

Guardando ai numeri, in Oklahoma la situazione è particolarmente eclatante. Stando ai dati raccolti dai ricercatori della Cornell University, tra il 1976 al 2007 nello stato veniva registrato non più di un terremoto di magnitudo 3 o superiore (abbastanza intenso cioè da essere percepito facilmente) ogni anno. Dal 2008 (anno in cui si sono intensificate le operazioni di fracking) fino al 2013 se ne sono registrati invece oltre 100, e dall’inizio di quest’anno l’attività sismica in Oklahoma si è intensificata ulteriormente, superando quella di una zona ad alto rischio come la California.

Nel loro studio, i ricercatori hanno utilizzato un modello computerizzato per simulare il percorso compiuto dalle acque di scarto prodotte da quattro impianti di fracking nell’area della cittadina di Jones, dove ha avuto inizio il principale sciame sismico degli ultimi anni. I quattro impianti, tra i più grandi dello stato, riversano ogni giorno oltre 20 milioni di litri di acqua nel terreno, liquidi che, dimostra il modello, potrebbero essere direttamente responsabili dei terremoti. Lo studio ha messo inoltre in evidenza come gli effetti degli impianti di fracking possano farsi sentire in zone distanti anche 35 chilometri dall’area di estrazione (molto più di quanto ritenuto fin’ora), e che con il passare del tempo la pressione accumulatasi produce eventi sismici di entità sempre maggiore.

Nonostante i rischi emersi dallo studio, gli scienziati della Cornell University ricordano però come nell’area centrale degli Stati Uniti siano attivi migliaia di impianti di fracking, di cui la maggior parte opera senza provocare nessun tipo di attività sismica. Per questo, i ricercatori sottolineanola necessità di continuare gli studi sull’effetto delle acque di scarto, per comprendere meglio in quali casi questi impianti di estrazione possono diventare pericolosi.

Via Wired.it

Credits immagine: Joshua Doubek

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