Il gemello della Terra

Due gruppi internazionali di astronomi – di cui fanno parte ricercatori americani, giapponesi e australiani – hanno annunciato nei giorni scorsi la scoperta di un altro pianeta al di fuori del sistema solare. Si tratterebbe di un corpo celeste, leggermente più pesante della Terra, la cui massa sarebbe compresa tra quella della Terra e quella di Nettuno. Stando alle prime osservazioni, questo oggetto sembrerebbe orbitare intorno a una debole stella nana, dalla quale dista almeno due unità astronomiche (Au). “L’importanza di questa osservazione”, spiega a Galileo Franco Pacini, direttore dell’Osservatorio di Arcetri, “prescinde dalla scoperta. Ciò che è significativo è l’applicazione della ‘tecnica della microlente’, fino a oggi usata soprattutto per la ricerca di stelle poco luminose. La sua utilizzazione ha dimostrato ciò che si sospettava: esistono dei pianeti con massa confrontabile a quella terrestre. In precedenza c’erano state solo segnalazioni, ma questa è la prima volta in cui abbiamo una evidenza sperimentale”.

La scoperta annunciata dai membri del Microlensing Planet Search al meeting della Società astronomica americana, infatti, non è arrivata seguendo i cambiamenti nello spettro della stella, ma rilevando e osservando il brevissimo sfavillio della stella sullo sfondo. “L’effetto di microlente osservato”, continua Pacini, “si spiega in generale in questo modo: data una stella sullo sfondo, intorno alla quale orbita un pianeta, la forza gravitazionale di quest’ultimo tende a concentrare la luce proveniente dalla stella come fosse una lente. Nel momento in cui il pianeta e la stella sono per un breve periodo di tempo allineati, la luce della stella aumenta improvvisamente come le si fosse messa davanti una lente di ingrandimento”.

Infatti, come hanno riferito gli astronomi, è stato possibile rilevare la presenza di quest’oggetto grazie a un leggero cambiamento della luminosità, per l’appunto una sorta di sfavillio, che è coerente con il segnale che ci si aspetterebbe dalla presenza di un pianeta con una massa tra lo 0,002 e lo 0,01 per cento della massa stellare. I dubbi sulla massa effettiva del nuovo pianeta nascono dal fatto che la variazione di luminosità registrata è molto debole, e le misure sono quindi affette da un ampio margine di incertezza. Per questo la scoperta non viene ancora considerata definitiva dagli scienziati.

Naturalmente l’uso di questa tecnica non può rivelare se su quel pianeta ci sia o meno qualche forma di vita e neppure la presenza di acqua o di un’atmosfera. E’ tuttavia molto importante perché dà la possibilità di avviare, con un certo margine di successo, un filone di ricerca promettente. Fino ad ora la maggior parte degli astronomi ha usato la tecnica della velocità radiale, che permetteva di scoprire i pianeti distanti dalla stella tra 1 e 5 Au con una massa pari a allo 0,1 per cento della massa stellare. Con la tecnica delle microlenti gravitazionali, invece, è possibile scoprire pianeti di medie e piccole dimensioni con una massa pari allo 0,01 per cento della massa della stella madre da cui dovrebbero essere distanti tra 1,5 e 3 Au.

“Questa tecnica”, conclude Pacini, “è basata esclusivamente su telescopi terrestri, e questa prima osservazione dimostra che è sensibile a rilevare pianeti simili alla Terra. Attualmente sono in corso estesi programmi di microlenti grazie ai quali sarà possibile aumentare il numero di pianeti di piccola massa conosciuti”.

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