Il pallottoliere degli organi collegiali

Il ritorno dei soviet. Così è stata definita la proposta di maggioranza sulla riforma degli organi collegiali scolastici in discussione in questi giorni alla Camera. Polo delle Libertà, Confindustria, Associazione nazionale presidi si sono scagliati contro il progetto di legge portato avanti da Chiara Acciarini (Ulivo). E i toni si sono fatti subito accesi. Oggetto del contendere sarebbero i 24 organi di gestione e partecipazione che il testo istituirebbe (alcuni di quelli messi nel conto in realtà sono già stati stabiliti da altre leggi), simbolo incontrastato del “riproporsi di un approccio assemblearistico assolutamente fuori tempo”, come ha dichiarato Guido Barilla, delegato del presidente di Confindustria “per le attività di education e conoscenza”. “Un modo per imbavagliare il dirigente scolastico nelle sue prerogative di manager, nonostante questa nuova figura l’abbia inventata proprio la maggioranza”, come sottolinea Valentina Aprea, responsabile scuola per Forza Italia e relatrice della proposta di minoranza. “Una proposta ispirata a vecchie procedure, incompatibili con l’autonomia della scuola, che intoppano il processo decisionale”, per Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi. In linea con il suo fermo dissenso l’opposizione ha quindi deciso di fare ostruzionismo cercando di far slittare i tempi di discussione della proposta di legge, magari alla prossima legislatura. Eppure quello della riforma degli organi collegiali è un tassello chiave per la costruzione della riforma della scuola nella sua interezza: tanto importante che la sensazione è che il problema non siano i 24 organi collegiali, ma l’intero impianto della riforma, la sua filosofia di fondo.

Mettendo a confronto i due testi di legge, infatti, le differenze saltano agli occhi, ma non sono quelle legate al numero di organi collegiali. La prima critica mossa al testo di maggioranza è quella sulle articolazioni del collegio docenti (organo contemplato in entrambi i testi). Il Polo accusa l’Acciarini di imporre la costituzione di gruppi di lavoro all’interno del corpo docenti e di volere a capo di ogni gruppo un coordinatore. Coordinatori che, oltretutto, si possano anche riunire in un organismo rappresentativo dei coordinatori. Secondo i loro conti, questi sono almeno due organismi in più. Ma secondo l’articolo 4 comma 2 della proposta Aprea (Polo), troviamo scritto: “Il collegio (dei docenti, N.d.R.) adotta, anche attraverso articolazioni funzionali permanenti, le forme organizzative più idonee allo svolgimento dei propri compiti…”; e nel comma 3: “le funzioni di responsabilità […] possono essere affidate a docenti di cui sia stata riconosciuta l’adeguata specifica competenza professionale”. La differenza quindi non è tanto nell’articolazione degli insegnanti per gruppi di lavoro, un fenomeno che di fatto avviene anche senza essere definito da nessuna legge, quanto semmai nell’idea di istituire un contraltare forte (i coordinatori) al dirigente scolastico. La critica, accolta dall’Acciarini, ha fatto sì che nell’ultima versione del testo unificato l’organismo dei coordinatori sia solo una possibilità e non una norma.

Ancora. Si è criticata la presenza di due commissioni di valutazione, una per la didattica, l’altra per gli insegnanti. Ma in questo le due proposte sono davvero identiche (art. 6 del testo Aprea e art. 9 del testo Acciarini). E che dire dell’assemblearismo? Se è vero che la proposta della maggioranza conferma il diritto a riunirsi in assemblea di studenti e genitori, nonché quello di avere organismi rappresentativi, è altrettanto vero che il testo di opposizione non li nega. Anzi. Secondo la proposta Aprea “il regolamento stabilisce, altresì, ulteriori forme di partecipazione dei genitori, degli studenti e delle associazioni, anche attraverso la costituzione di commissioni, di comitati o di consigli […]” (art.1, comma 5). A cui si aggiunge il comma 6 che stabilisce l’applicazione dello statuto delle studentesse e degli studenti anche ai genitori (assemblee). Tirando le somme gli organi sono proprio gli stessi. E allora perché accanirsi sui numeri?

Il nocciolo della questione è semmai il regolamento, o meglio chi lo fa. Per la maggioranza ad adottare il regolamento è in Consiglio dell’Istituzione (ex consiglio d’istituto), per l’opposizione è il Consiglio d’Amministrazione. Dove possono essere forti le presenze di interessi “esterni” alla scuola, per esempio privati che abbiano desiderio di investire nell’istituzione. Insieme a loro, ovviamente, insegnanti, studenti e genitori, in numero uguale. Un organismo che risponde bene alla filosofia manageriale della scuola dell’opposizione, che potrebbe adottare un regolamento restrittivo per snellirne la gestione. Sempre, immaginiamo, tenendo conto delle leggi già in vigore. Le stesse che sanciscono 6 dei 7 organi collegiali “esterni” che il Polo mette nel conto dei 24. A cui, questo sì, va aggiunto l’unico organo esterno istituito dalla proposta di maggioranza, quello “di rete”. Dando così la possibilità a due o più istituti di collegarsi fra loro. Insomma, dai nostri calcoli la differenza si riduce a 2 organi collegiali in più per la maggioranza. La prossima volta invece che sui numeri sarà meglio discutere dei contenuti.

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