Quanti pesci ci sono nel mare? Di certo, sempre meno. E sempre più piccoli. Colpa dell’inquinamento, e di politiche di pesca non sempre attente ai ritmi di riproduzione delle diverse specie. Ormai i ristoranti servono solo porzioni “unitaglia”, della grandezza di un piatto. E sui banchi del mercato non è raro trovare pesci decisamente troppo piccoli, che ancora non hanno avuto la possibilità di riprodursi. “L’impoverimento dell’ecosistema acquatico non è solo un problema che riguarda le specie commestibili per la specie umana: è tutta la catena alimentare che risulta compromessa. Eliminando in modo massiccio i predatori di alcune specie, o la principale fonte di nutrimento di altre, si creano degli squilibri destinati ad avere un profondo impatto su tutto il pianeta. E alla fine, se non dovessimo porre rimedio al problema, in mare resterebbero solo le meduse”. A lanciare l’allarme, al grido di “lascia avere figli ai pesci, così che i tuoi figli potranno mangiare pesce”, e munito di un originale righello misura-pesci per consumatori responsabili, che potranno evitare di acquistare e mangiare esemplari troppo piccoli, è Reiner Froese, ecologo marino all’Ifm-Geomar di Kiel, in Germania. Froese è il promotore di FishBase, un database che raccoglie informazioni relative alla fauna ittica: tassonomia, morfologia, genetica, localizzazione geografica e quantificazione della sua presenza nei mari e oceani, ma anche dati sulle attività di pesca, sul consumo per uso alimentare, sullo stato di vulnerabilità o meno. FishBase (www.fishbase.org) è stato presentato nel corso del Cer 2005, la grande kermesse (oltre 3000 tra partecipanti ed espositori da ogni angolo del vecchio continente) dedicata alla comunicazione della ricerca europea, a Bruxelles il 14 e 15 novembre. L’idea di un database in grado di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sugli abitanti degli abissi parte nel 1990: inizialmente si tratta di un piccolo progetto nato con l’aiuto dei fondi comunitari, contenente dati relativi a 200 specie di pesci in commercio, destinati soprattutto alle università per fini di ricerca e ai manager dell’industria ittica in ogni angolo del mondo. Oggi, a 15 anni di distanza, FishBase è disponibile in sette lingue, tra cui l’italiano, e raccoglie dati su 29 mila specie di pesci, corredate da 40 mila immagini e 200 mila nomi comuni per ciascuna specie. “Ogni mese” continua Froese “circa due milioni di persone si collegano al nostro sito. Ma con il passare degli anni, il pubblico ha cambiato il volto e la natura del database”. A cliccare sulle pagine di FishBase non sono più solo istituti di ricerca e industrie del mercato ittico, ma singoli cittadini appassionati di questo o quell’altro aspetto del mare. “Ci sono persone che hanno un acquario in casa e vogliono sapere cosa mangia il loro animaletto, ci sono sub professionali e dilettanti, bambini che cercano materiale per i loro compiti e artisti in cerca di ispirazione acquatica. E ovviamente semplici appassionati del mare e delle sue creature”, continua Froese.Interessante anche la provenienza dei lettori. “Gran parte del pubblico arriva naturalmente da Usa, Europa e Asia”, continua il biologo marino. “Ma siamo anche orgogliosi del fatto che una parte degli utenti, circa il 10 per cento, venga dai paesi in via di sviluppo, soprattutto dell’Africa e dell’America latina. Cioè quelle aree del mondo alle quali inizialmente il progetto era rivolto”.
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